Riconquistiamo la Nostra Politica Estera
Al momento attuale abbiamo tali e tanti problemi di politica interna che rivolgere lo sguardo a quanto sta succedendo all’estero , nonché al modo in cui ciò potrebbe incidere sulla nostra realtà nazionale , può apparire a prima vista quale pura follia.
Nel contempo però dovrebbe essere ormai chiaro a tutti noi , soprattutto dopo i più recenti avvenimenti , come i grandi problemi che già stiamo affrontando , e che appaiono destinati a condizionare pesantemente il nostro futuro , abbiano ormai raggiunto una dimensione tale da ammettere soltanto soluzioni collettive , o addirittura corali.
La nomina di Draghi all’incarico di Presidente del Consiglio dovrebbe poi essersi imposta quale un chiaro esempio dell’importanza che l’”estero politicamente vicino” , ed in particolare modo l’Unione Europea , è destinato ad assumere in quelle che sono state sino a ieri le più riservate e nazionali delle nostre scelte ma che oggi non possono assolutamente prescindere da una fiducia internazionale chiaramente espressa.
Alcuni mutamenti verificatisi di recente nel mondo , quali la vittoria di Biden su Trump , la riflessione di una rivitalizzata Alleanza Atlantica sul proprio futuro ed infine i progressi compiuti dalla Unione Europea in parecchi ambiti , stanno inoltre riportando al centro della scena quei rapporti multilaterali che per parecchi anni avevano , almeno in ambito occidentale , ceduto il passo , particolarmente per impulso statunitense , ai rapporti bilaterali.
È una condizione che nel prossimo futuro dovrebbe , almeno in teoria , favorire un paese come l’Italia che nelle dichiarazioni dei suoi governanti si è sempre dichiarato favorevole a questo tipo di relazioni , nonché disposto a privilegiarle su tutte le altre.
Vi è però da considerare come nel passaggio del testimone fra Governi di centro destra e Governi di Centro sinistra avvenuto più volte nel corso degli ultimi venti anni , l’ordine relativo di importanza delle tre maggiori Organizzazioni Internazionali di nostro interesse – l’ONU , la NATO e la UE – abbia continuato a variare , con la sinistra italiana che faceva riferimento in prima istanza alle Nazioni Unite , poi alla Unione Europea e solo a fine lista ad una Alleanza Atlantica che la destra poneva invece al primo posto , seguita poi nell’ordine da Unione Europea ed ONU.
Si è trattato di un atteggiamento che ha dato origine a scelte di politica estera necessariamente ondivaghe , e quindi tali da contribuire a consolidare la fama di inaffidabilità del nostro paese.
A giocare a nostro sfavore sono intervenuti poi altri fattori fra cui , in primo luogo , la costante incapacità di valorizzare i nostri sforzi ricavandone il giusto riconoscimento e – perché no? – la giusta retribuzione.
In parecchi ambiti multinazionali in cui tutti trattano perché il loro appoggio a determinate soluzioni o tesi sia adeguatamente valutato e remunerato si sente così molto spesso sottolineare come “Italy? Is taken for granted ! ” vale a dire come l’allineamento italiano sia dato per scontato sin dall’inizio e quindi non valga neanche la pena di sprecarsi in un ringraziamento.
A dimostrazione di quanto sia vero , e per noi dannoso , questo assunto , basta considerare il fatto che noi siamo in ambito militare la democrazia occidentale proporzionalmente più impegnata nel peacekeeping e nella gestione delle crisi senza che a ciò corrisponda una adeguata presenza nazionale nei gangli vitali delle Organizzazioni Internazionali sotto le cui bandiere operiamo , come il Peacekeeping Department dell’ONU o i due Staff ( International e International Military ) della NATO.
Un altro fattore consistente di debolezza è costituito poi per noi da una realtà nazionale tanto condizionata dalle consultazioni politiche a breve scadenza da rendere impossibile , o perlomeno molto difficile , a qualsiasi Governo ragionare in termini di scadenze medie e lontane , elaborando quindi una proiezione strategica di lungo termine.
Infine , fattore collegato ad entrambi i precedenti e da esso derivante , c’è la mancanza di abitudine a costruire a ragion veduta ai nostri possibili futuri candidati nazionali curricola “su misura” che possano un giorno permettere loro di aspirare a posti chiave delle citate Organizzazioni , ove una presenza italiana potrebbe in prospettiva rivelarsi preziosa.
Si tratta di un iter che viene invece accuratamente seguito da paesi ben più piccoli e meno importanti del nostro , come ad esempio quelli del Benelux o gli Scandinavi , che con una oculata gestione del personale riescono ad esercitare nel multilaterale una influenza nettamente sproporzionata alla loro reale consistenza.
Tornare quindi ad occuparci con serietà di politica internazionale, comprendendo che le grandi decisioni che ci riguardano non sono più prese a Roma ma invece a Bruxelles , New York e magari anche a Washington , costituirebbe quindi soltanto un primo passo sulla strada di una rinascita nazionale in questo settore.
Perché le cose possano avviarsi per la giusta strada occorrerebbe infatti anche che si cercasse , con grande serietà ed il massimo sprezzo di tutti gli interessi corporativi da infrangere , di porre rimedio anche agli inconvenienti in precedenza elencati , magari affidando la gestione di tutto il personale da avviare verso organismi internazionali ad una unica agenzia , che troverebbe la sua ideale collocazione alle dipendenze dirette di Palazzo Chigi.
Importante sarebbe altresì il ricordarsi come , considerata la posta in gioco , le migliori energie del Paese dovrebbero essere indirizzate a servirlo dall’estero senza che ciò venga considerato , come avviene attualmente in parecchi casi , quale una indebita sottrazione di risorse al patrimonio nazionale.
Articolo pubblicato su Limesonline, qui presente su gentile concessione dell’autore.