In Sudan il conflitto che ha spaccato in due il paese , a conclusione di una permanente instabilità durata circa quarant’anni e punteggiata da lunghi periodi di una sanguinosa guerra civile destinata a concluders senza vincitori né vinti , è terminato più o meno da un decennio .
Da un tempo molto più breve si è poi concluso , o almeno fortemente attenuato , nel Sudan del Nord , anche lo scontro fra contadini e allevatori nomadi che aveva insanguinato per anni la grande provincia del Darfur . Un periodo di torbidi caratterizzato inizialmente dalle atrocità delle milizie volontarie , i ” janjaweed , o diavoli a cavallo ” , e successivamente da una progressiva istituzionalizzazione di tale movimento destinata a culminare in seguito nella sua trasformazione in un vero e proprio corpo di truppe ausiliarie , le Rapid Support Forces (RSF) , destinato ad affiancarsi alle Forze Armate nord sudanesi pur rimanendo da loro distinto .
Gli anni più recenti sono stati contrassegnati inoltre dalla cacciata dell’uomo forte del paese – il Generale Bashir – una rivoluzione che dopo la iniziale esaltazione comune ha finito con l’aprire la via ad una stagione di scontri per la successione non ancora conclusa .
A tutto questo si è infine sommata la partecipazione attiva del paese alla crociata saudita contro gli Houti sciiti dello Yemen . Si è trattato di un impegno particolarmente gravoso che ha coinvolto in un ruolo quasi mercenario – i sudanesi godono in tutto il mondo arabo di una meritata fama di grandi combattenti – tanto le Forze Armate del Nord Sudan quanto le milizie irregolari che le fiancheggiavano .
Lo sforzo bellico si è quantificato in una cifra di combattenti inviati oltremare che non è mai stata ufficialmente precisata ma che ha sicuramente superato i quindicimila uomini. In sostanza l’onere della guerra in Yemen , o perlomeno della sua componente terrestre , quella che è in pratica l’unica che subisce perdite , si è così quasi interamente scaricato sui sudanesi , mentre i sauditi e gli emiratini si limitavano a fornire un massiccio appoggio di fuoco.
Dalla sfortunata e sanguinosa avventura bellica , entrata ora in una fase di tregua che sembra destinata a consolidarsi , hanno comunque tratto sicuramente vantaggio se non l’Esercito perlomeno gli irregolari sudanesi , “i cavalieri del diavolo ” , cui il fuoco dello scontro ha dato modo di strutturare meglio il loro movimento ed insegnato a combattere contro un nemico ben diverso dalle disorganizzate bande di contadini del Darfur .
Per i janjaweed il conflitto si è rivelato poi anche l’occasione ideale per dotarsi di quell’armamento pesante che prima mancava loro completamente , innescando un processo che li ha portati con rapidità a trasformarsi in una struttura al livello delle Forze Armate sudanesi .
Non c’è da stupirsi quindi se il paese , da decenni senza pace e popolato da troppe persone che per tempi troppo lunghi hanno fatto della violenza la loro ragione di vita , si ritrova adesso in una condizione di instabilità politica post rivoluzionaria e con due galli più o meno di pari forza pronti a cantare nel medesimo pollaio ….. e niente affatto disposti a giungere ad un accordo per dividerselo.
Oltretutto , come spesso succede in casi del genere , la tensione interna ha finito col fungere da vera e propria calamita anche per tutti coloro che pensano , a livello globale o regionale , di poter trarre partito da particolari conclusioni delle controversie locali . Il Sudan del Nord rischia così di trasformarsi rapidamente in una ennesima pedina di quella ” guerra per procura ( proxy war) ” che le grandi potenze hanno da tempo iniziato a combattere in tanti luoghi da spingere il Santo Padre a parlare di “una Terza Guerra Mondiale combattuta a blocchi”.
Non c’è quindi da stupirsi se alle spalle dei due schieramenti che da qualche tempo si combattono ferocemente nella capitale , Khartoum , ed in parecchi altri luoghi del paese contrapponendo le Forze Armate sudanesi alla Milizia……….. , si siano rapidamente delineati due schieramenti contrapposti di sostenitori , ciascuno dei quali portatore di propri personali e ben distinti interessi .
Se mai vi è da stupirsi del fatto che lo scontro sul terreno avvenga , cosa del tutto inusuale in ambito islamico , non fra uno schieramento sciita ed uno sunnita , bensì fra due diverse movenze del medesimo credo sunnita . Cosa che fa si che anche sul piano regionale si verifichi , almeno per quanto riguarda il mondo arabo , il medesimo fenomeno , con Egitto , Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti pronti a sostenere le Forze Armate , mentre Fratellanza Islamica , Hamas , Qatar e probabilmente anche la Cirenaica libica sono schierate con gli irregolari .
Più sfumato appare poi , in ambito ancora islamico ma non più arabo , il ruolo della Turchia ove l’appartenenza alla NATO e le prossime scadenze elettorali sembrano destinate a porre dei vincoli al sogno di ritorno neo ottomano in terra d’Africa del Presidente Erdogan.
Molto interessato a quanto sta succedendo appare infine anche un grande paese africano l’Etiopia ove la costruzione della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERS) ha aperto con Sudan ed Egitto un contenzioso per una diversa distribuzione delle acque del Nilo che ha già raggiunto considerevoli livelli di tensione fra i dieci Stati che insistono sul bacino del grande fiume ed in particolare proprio fra Egitto , Sudan del Nord ed Etiopia .
Se poi si passa dal piano regionale a quello globale ci si accorge poi di come le tre grandi potenze del momento , nell’ordine USA , Cina e Russia , ravvisino anche esse in Sudan personali , importanti interessi da difendere sia pure , almeno per il momento , su piani differenti .
Per gli USA si tratta di un episodio di quella “guerra per il controllo dell’ Africa ” che Washington sta seriamente rischiando di perdere per averla trascurata per troppo tempo contando sull’azione di alleati europei , principalmente Francia , Inghilterra ed Italia , che invece in questo ambito geografico sono stati capaci soltanto di inanellare errori e ritirate, quando non catastrofi , nel corso degli ultimi anni.
Nella visione di Mosca il Sudan del Nord è invece una pedina indispensabile per il controllo da sud delle grandi rotte commerciali che convergono sul Canale di Suez . Prima dello scoppio della guerra civile si era tra l’altro parlato molto della possibilità che il Governo Sudanese concedesse a Mosca l’utilizzazione della base navale di Port Sudan, e si discuteva se l’accordo fosse o meno già concluso .
Ora invece lo schieramento russo sembra non essere ancora ben definito , al punto tale che i mercenari della Wagner hanno fatto la loro comparsa in appoggio ai janjaweed , un fatto che potrebbe far pensare ad una decisione di Mosca di voler tenere i piedi in due staffe scegliendo fra i contendenti soltanto all’ultimo minuto , quando i rapporti reciproci di forze saranno ormai ben chiari .
La Cina infine appare anche essa molto interessata a quanto sta accadendo a Khartoum dovendo difendere in Sudan interessi che sono in pari tempo di sfruttamento economico, specie nel settore degli idrocarburi , e strategici . Non dimentichiamoci infatti che il ramo marittimo della “Belt and road initiative ” passa anche esso per Suez e che Pechino gli attribuisce tale importanza da aver costruito a sua protezione nel Corno d’Africa , a Gibuti, la prima base militare cinese all’estero.
In definitiva si tratta di un terribile intrigo in cui si mischiano fattori e aspirazioni del tutto diverse l’una dall’altra , trasformando lo scontro in atto nel Nord Sudan da un lato in un tassello di una tumultuosa generalizzata evoluzione verso un nuovo ordine mondiale , dall’altro nel fuoco di un groviglio di contrasti locali che vanno dalla conquista della leadership in ambito arabo sunnita alla definizione di un ruolo neo imperiale per Ankara , dai problemi di sfruttamento delle acque del Nilo alla eventuale riconquista di territori che la Libia perdette in altri momenti storici ……..
Da rimarcare comunque come fra tutti i protagonisti possibili di questo complesso scenario soltanto due risultino completamente assenti , vale a dire le Nazioni Unite e la Unione Europea ,cioè proprio quelli che potrebbero far qualcosa per flemmatizzare la situazione.
Una malinconica constatazione che potrebbe purtroppo aprire il dibattito a considerazioni ancora più malinconiche !
Pubblicato su Limes Online, maggio 2023.