Aspirazioni di Mosca e Strategie Occidentali Russia/Europa: l’Orso vuole uscire dal letargo.
L’ultima riunione al vertice della Nato, a Londra, ha visto accadere di tutto, ed è stata salvata in extremis da un buon comunicato finale, prudentemente generico. È però mancata la possibilità di discutere seriamente del ruolo futuro dell’Alleanza. Questa incapacità di affrontare insieme un discorso strategico di lungo termine sembra divenire una caratteristica delle grandi organizzazioni multilaterali che, sino ad ora, hanno costituito lo scheletro del sistema occidentale.
Eppure i problemi non mancano. Per noi europei, ad esempio, c’è quello di decidere quale politica sviluppare nei confronti di una Russia iperattiva e non sempre amichevole. Per farlo dovremmo cominciare col domandarci quali siano le aspirazioni di Mosca, o quanto meno quali potrebbero essere.
La Russia è presente ed attiva militarmente, oltre che in Ucraina e ai confini della Georgia, anche in Siria, vende armi alla Turchia (malgrado alcuni importanti disaccordi con Ankara), mantiene ottimi rapporti con l’Arabia Saudita e con l’Egitto, invia mercenari in Libia ad appoggiare il generale Haftar e, nel frattempo, corteggia i neo-sovranisti italiani ed europei. Qual è il suo obiettivo strategico?
Le carte nella mano del Cremlino.
Vladimir Putin sa benissimo che la Russia è una potenza in declino, sia economico sia demografico. Tuttavia sa anche di avere alcune carte importanti da giocare. In particolare ha la sua forza militare, con un imponente arsenale nucleare (incluse migliaia di testate “tattiche” impiegabili in Europa) e forze convenzionali ancora moderne ed efficienti. Controlla inoltre un importante patrimonio energetico, da cui dipendono pesantemente molti Paesi europei. Infine ha sviluppato un arsenale cibernetico di tutto rispetto, che usa senza risparmio per influenzare le opinioni pubbliche occidentali.
La sua carta energetica tuttavia potrebbe perdere significativamente di importanza man mano che entreranno in produzione le nuove risorse energetiche scoperte nel Mediterraneo orientale, tra Cipro ed Egitto. Questa potrebbe essere la ragione di più lungo termine che spinge Mosca al suo attuale attivismo mediterraneo.
La Russia pensa al suo futuro di grande potenza, e non è certo soddisfatta di un ruolo da secondo violino nell’orchestra strategica diretta da Pechino, anche se per ora accetta ancora di recitare questa parte, peraltro resa meno onerosa dal fatto che la Cina sinora non ha posto molti problemi né avanzato pretese eccessive. Ma la strada maestra da percorrere per mantenere alla Russia il suo ruolo di grande potenza passa necessariamente per l’Europa: quell’Europa di cui la Russia si è sempre sentita parte culturale e politica, oltre che geografica, ma in cui è sempre rimasta ai margini, senza mai riuscire a controllarla e dove anzi ha perso molto terreno ed influenza dopo il crollo del Muro di Berlino.
Fra Usa e Ue, gli spiragli per Mosca.
Ora però si aprono nuove possibilità. L’Alleanza Atlantica continua ad essere un baluardo difficile da superare, ma oggi sembra politicamente molto meno solida di ieri, e Putin può legittimamente sperare che domani sarà ancora più debole, con gli americani concentrati sempre di più sull’Asia e con un presidente (che potrebbe essere rieletto) che non è a suo agio nei contesti multilaterali ed è propenso ad improvvisi giri di valzer.
Anche l’Unione europea è indebolita dalla Brexit, dalla stagnazione economica, dalle difficoltà di gestione dei flussi migratori e dal montare in forza di formazioni politiche neo-sovraniste ed anti europee che, guarda caso, hanno spesso un buon rapporto con il Cremlino.
Ed ecco quindi che Putin potrebbe ritenere che si delinea l’opportunità di prepararsi a sfruttare questi fattori di forza, se e quando se ne dovesse presentare l’occasione. A questo fine, per essere pronti e in buona posizione, la Russia dovrebbe innanzitutto assicurarsi una buona, stabile e significativa presenza nel Mediterraneo orientale, per evitare che l’Europa possa fare a meno di Mosca per assicurare la sua sicurezza energetica.
Tanto meglio poi se, grazie al raddoppio del grande gasdotto baltico, Mosca sarà riuscita nel frattempo a rifornire l’Europa saltando a piè pari l’Ucraina, e quindi assicurandosi un altro fortissimo strumento di pressione su Kiev (ed indirettamente anche sull’Europa orientale). Questo indebolirebbe ulteriormente gli europei, in particolare quelli della regione meridionale (Italia inclusa) e potrebbe quindi spingerli ancora di più ad accordarsi con il Cremlino.
Queste naturalmente non sono ancora realtà: sono solo possibilità, e per riuscire a realizzarle Mosca dovrebbe esercitare notevole pazienza ed un impegno difficile e continuativo in aree politicamente complesse e spesso ingrate. Inoltre dovrebbe riuscire ad assicurarsi la collaborazione, volontaria o involontaria, cosciente o incosciente, dei Paesi europei.
Che risposta dagli europei.
Tuttavia probabilmente a Mosca molti pensano che simili sviluppi potrebbero essere possibili, e che valga la pena di investire in questa direzione, perché la resa di un tale investimento sarebbe veramente fantastica. In ciò sono forse confortati dall’impressione che gli europei occidentali non sembrano veramente impegnati a ragionare in termini strategici, a pensare al medio e lungo termine, e potrebbero quindi essere più facilmente manipolati.
È questo forse uno scenario troppo pessimista? Alcuni al contrario potrebbero definirlo ottimista, perché non prevede la possibilità di una nuova grande guerra europea. Ma non per questo non avrebbe conseguenze strategiche disastrose, quasi certamente in campo economico, ma ancor peggiori per il futuro del nostro sistema liberal-democratico.
Contromisure sono evidentemente possibili, e neanche troppo difficili o costose, a condizione però che gli europei, nella Nato e nell’Ue, reagiscano con politiche coese e di lungo periodo, accettando di assumersi la responsabilità strategica del loro futuro.
Articolo Pubblicato su IaI.it in data 12 Dicembre 2019