Il modello americano colpisce ancora

di Clementina Carta

La Russia è sempre stata un Impero e le sue manie di grandezza, molto simili a quelle americane, sono risapute da anni.

Le similitudini tra i due colossi vanno oltre la storia, la geopolitica, e la configurazione geografica, esse toccano ormai anche la sfera sociale, dove il patriottismo è un sentimento nobile ed innato nell’animo di ogni cittadino.

Entrambi hanno avuto durante secoli, seri problemi legati all’alcolismo. Mentre nelle diroccate fattorie del Kentucky si distillava l’illegale Moonshine, nelle dacie dai ghirigori colorati, all’ombra di una lampadina dalla luce tremolante, si preparava una vodka casereccia e vigorosissima.

I governi hanno tentato, sia in Russia che negli Stati Uniti, di fermare la piaga alcolica:

Nicola II all’inizio della Prima Guerra Mondiale aveva vietato la produzione, la vendita e l’uso di sostanze alcoliche; negli Stati Uniti vi furono i cupi anni del proibizionismo, in Unione Sovietica, negli anni 80, iniziarono le severe misure anti-alcol di Gorbachev per evitarne il consumo; ed infine alle perenni campagne di sensibilizzazione americane sulle conseguenze che tale vizio ha sulla gente.

Il cardine della potenza dei due Stati sono le armi e la scienza, settori, spesso, legati l’uno all’altro per via della Guerra Fredda, i budget militari sono elevatissimi, così come le sovvenzioni alla ricerca scientifica.

Le similitudini tra i due grandi del mondo persistono: da poco è stata proposta alla Duma una legge per dare il diritto ad ogni cittadino russo di detenere un numero di armi pari a 10 per difesa personale, questione che ha sollevato molte polemiche, non solamente in Patria ma anche all’estero.

La Russia si sta forse avvicinando ancor di più al modello americano?

Per rispondere a questa domanda basta guardare il profilo di migliaia di ragazze e donne russe attive sui social network, in particolare modo su Instagram, dove la popolarità dell’utente accresce a seconda dei “follower”, dei seguaci, e dei “mi piace” che si ricevono alle fotografie postate. Può diventare un lavoro, dal momento in cui il profilo della persona riceve un certo numero (molto elevato) di adepti, questa potrà essere pagata per sponsorizzare prodottiti di bellezza e di fitness, oltre a promuovere sé stessa.

I profili sono spesso di casalinghe, la cui vita è incentrata sul doversi far belle per essere sempre al meglio. Mettono in mostra il proprio amore per i figli, forse simulato per l’obiettivo, ma plateale e sconfinato, in modo da gridare al mondo di essere madri eccezionali ed allo stesso tempo di adorare il proprio marito, il quale lavora duro perché esse possano permettersi il lusso di stare a casa ed occuparsi della cura del proprio corpo, oltre che della prole.

Sul profilo di una di queste ragazze si legge: Я красавитса-Мужработает: Io sono bella- Il marito lavora.

La donna in questione, come le altre, è decisamente stupenda. La piega perfetta, trucco pesante, sopracciglia spesse e disegnate, labbra rifatte, magra, con sedere voluttuoso e muscoloso. Le foto sembrano essere scattate da un professionista, ma non lo sono, semplicemente ci vuole più tempo per sistemare la giusta angolazione per l’autoscatto e le espressioni da dover assumere. Le pose sono sempre impeccabili, con lo sguardo della coppia colmo di amore rivolto l’uno verso l’altro, il bambino in braccio, sorridente. Se si osserva con attenzione tale quadretto, si possono rivedere in esso le cartoline di auguri di Natale che si usano molto negli Stati Uniti, dove si deve imperativamente dare l’immagine di una famiglia felice, forse, più delle altre. Perché alla fine ciò che importa è lo sguardo e il giudizio altrui.

Le ragazze, spesso giovani madri, mostrano ogni fase della gravidanza e del post parto, dove ci tengono a far notare i chili persi giornalmente e il recupero del peso forma, pur allattando costantemente, e senza mai tralasciare il marito, spesso sottolineando tale fatto con foto, forse, esageratamente sdolcinate.

La chirurgia estetica, tra le giovanissime in Russia, sta prendendo sempre più piede, soprattutto per ciò che riguarda le labbra, esse devono essere enormi. La sensazione che si ha nel guardare queste perfette ed incantevoli signorine, è quella di sfogliare un calendario di playboy, solo meno naturali e più rifatte, eppure sarebbero decisamente più belle senza tutto quel trucco e quella plastica.

E ciò che mi chiedo è: Perché?

Non desidero inoltrarmi in discorsi retorici e pseudo femministi, ma è comunque un punto sul quale è interessante, sociologicamente, riflettere.

Dove sono finite le ragazze che sognavano, studiavano e diventavano cosmonaute? Le poetesse, le Anna Akhmatova di un tempo, e le pittrici che hanno fatto la storia culturale della Russia? Dove sono le ferro-tramviere, le conduttrici di metro e di filo-bus?

Ovviamente queste, soprattutto dal punto di vista culturale, continuano ad esistere e a produrre opere meravigliose, eppure il riflettore è puntato sulla casalinga un po’ in stile americana degli anni’60, Barbie, che riceve il maritino con un bicchiere di vodka-martini in mano, che si fa un selfie allo specchio e che viene pagata per questo. E chissà, probabilmente le artiste, scienziate e poetesse, passano oltre all’essere conosciute ed ammirate (per meriti veri) su una piattaforma virtuale.

Le fanciulle russe sono note, sin dalla notte dei tempi, per avere molta cura di sé stesse, ma senza tralasciare il lato intellettuale, umoristico e razionale della vita. Sono state le donne, senza differenza di mestiere, che più hanno letto al mondo, con un bagaglio culturale da far venire i capelli bianchi a qualsiasi pseudo-intellettuale medio in Italia.

Gli obiettivi della vita, dovuto alla globalizzazione però, sono cambiati. L’apparenza ha preso il sopravvento, e con essa, la disperata ricerca di un uomo che le mantenga per poter continuare a gongolarsi del consenso perpetuo da parte di cyber sconosciuti.

E mentre gli Stati Uniti e l’Occidente tentano scrollarsi di dosso la reputazione di donna-abat-jour con movimenti, spesso molto retorici, polemici e talvolta esagerati come Metoo, la donna russa ha iniziato a scoprire da poco il sapore agrodolce della vanagloria provata nel diventare oggetto di desiderio a livello globale.

La rivista online, Russia Beyond The Headlines, ha pubblicato un articolo a proposito di un supermercato di Krasnodar, il cui profilo Instagram mostra belle ragazze fotografate con la merce esposta,a scopo di promuoverla. Fotografie con banane, piselli, salami e altri alimenti. Una tecnica decisamente molto usata negli Stati Uniti, già negli anni ’50: le classiche pubblicità con la bella casalinga che compra tale o altro prodotto.

Ovviamente adesso il profilo è seguito da migliaia di follower, e anche se le fotografie, in questo caso, non hanno nulla di volgare o di osé, è comunque il fatto dicalcare costantemente sull’importanza della bellezza e dell’immagine delle femmine, anche per la promozione del cibo.

Cosa che in Occidente si conosce da più di cinque decadi, ma che pian piano sta svanendo sempre di più. L’impressione, che ho personalmente, è come se alla fine, queste giovani donne non avessero altri talenti, o magari, ne possiedono, ma preferiscono celarli, dato che a quanto pare, l’estetica vende e gratifica di più.

Il femminismo in Russia non ha mai preso piede, per il semplice motivo che durante il comunismo non ve n’era alcun bisogno. L’uguaglianza tra uomo e donna era un dato di fatto. Le ragazze svolgevano gli stessi identici lavori dei maschi, senza preoccuparsi della forza fisica o mentale. Non erano, come spesso sbaglia a propagandare il femminismo occidentale, migliori o superiori agli uomini, erano pari.

Che cos’è successo, allora? Forse le donne in Russia, scoprendo come le occidentali si facessero belle, curandosi, talvolta eccessivamente, per sé stesse e per i propri uomini, si sono sentite svilite, frustrate nel non poter migliorare la propria immagine come desiderassero, onde rimanere nella sobrietà fisica propagandata dal comunismo? È stata, in effetti, anche questa una costrizione.

Il desiderio di apparenza, di urlare al mondo: “Guardate quanto sono bella,” perché, inutile negarlo, sono a tutti gli effetti, donne molto attraenti, è esplosa tutta in una volta quel 25 dicembre del ’91?

Ma il mistero è: Perché abbandonare quel senso di forza, di audacia, d’intelletto che le ha caratterizzate per così tanto tempo? È stata forse una scelta di comodo?

In Unione Sovietica esisteva la legge sul parassitismo, ovvero chi non lavorava, donna o uomo che fosse, veniva sanzionato per essere un parassita della società.

Che cos’è a questo punto un influencer? Una persona che guadagna denaro, promuovendo la propria immagine a livello globale, scrivendo frasi sdolcinate con tanti cuoricini sotto la fotografia postata. Se l’Unione Sovietica fosse ancora esistita, avrebbe multato queste persone che vivono della propria bellezza sul web, senza contribuire alla cultura, alla scienza, alla società del proprio Stato, denigrandole come parassite?

Ovviamente qui, come si direbbe in francese, è tirato per i capelli, è un esempio estremo. Oltre che lavorare, produrre per lo Stato, ciò che conta è anche il proprio arricchimento culturale, psichico e spirituale.

Il diventare un promotore del proprio “IO” come impiego, è stata forse una vendetta alla costrizione al lavoro?

Non lavorare è una scelta e si è libere di non farlo, esattamente come si deve essere libere di dedicarsi quanto più si voglia alla propria immagine, alla propria bellezza, al sentirsi attraenti agli occhi degli altri, perché magari, semplicemente, se ne sente il bisogno. Alla fine ciò che più importa è fare ciò che più aggrada.

E sebbene io sia una fautrice di questo sentimento nobile, non posso non guardare questi profili Instagram con un amaro in bocca, ricordando quelle russe che hanno fatto la storia, che hanno combattuto (ed esistono ancora, coraggiose soldatesse), per il proprio paese durante la Seconda Guerra Mondiale, che hanno scritto versi sublimi, creato opere d’arti da togliere il fiato e che hanno guardato la Terra dall’alto dell’universo.

Queste donne, che sì, grazie a Dio, ci sono ancora, non hanno più il loro meritato posto in una società di nudità, di sederi, di squat, di plastica, di labbra maestose, di frasi fatte, di mamme perfette che si fotografano mentre allattano, mentre esibiscono un attimo così intimo.

Ciò denota di come la gente sia interessata alla superficie e non al contenuto, alla bella copertina lucida e non ai versi scritti tra le pagine polverose. Le persone vogliono sapere i fatti degli altri ed è tutto diventato un enorme grande fratello, un po’ come se i graziosi vicinati dalle casette bianche a schiera delle suburbs americane si fossero trasferiti sul web.

Si sbircia dalla propria finestrella a quella dell’altro, per sapere che cosa fa, se ha la macchina più grande e lussuosa, i vestiti più costosi, la moglie più bella e più giovane, il bambino più intelligente ed atletico o il frigorifero nuovo. Siamo tutte diventate, e devo dire in particolar modo le donne, comprese ahimè, le tenaci e colte russe, figuranti di una soap opera americana.

Inutile puntare il dito perennemente contro gli uomini, accusandoli di essere la causa della cattiva immagine della donna, a quanto pare, ciò non ci dispiace affatto. È da un lato una scelta di comodo, come ho detto poc’anzi, e dall’altro, i complimenti sull’aspetto sono forse sempre stati il nostro tallone di Achille, imperniando il nostro umore, le nostre scelte personali, quasi esclusivamente su di esso. E tra un po’ chissà, sotto tutta questa plastica, ci sgretoleremo?

Il pensiero che ho in questo momento è rivolto a Valentina Tereshkova. La immagino affacciata all’oblò del suo razzo, che scorgendo come le persone, le donne, persino le sue compatriote sono diventate, decide continuare a fluttuare nello spazio, deviando la traiettoria dalla Terra.

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Già nel 2005 Thomas Friedman nel suo “The World is Flat” notò come i confini tra i diversi paesi si andassero man mano riducendo, almeno dal punto di vista culturale. Marchi come Mc Donald’s e Coca Cola sono sono stati i capostipiti della globalizzazione degli usi e costumi. Ad esempio, sorprendentemente, uno dei mercati in crescita per il gigante dei fast food è proprio l’Italia patria del buon cibo e della dieta mediterranea. La Coca Cola, iconico soft drink, è più venduto all’estero che negli stessi Stati Uniti.

Anche nell’epoca della digitalizzazione programmi come Facebook e Instagram si sono imposti a livello globale portando con se tutti quegli eccessi che li contraddistinguono (e.g la selfiemania). La Russia ,nonostante le sanzioni, è stata anch’essa “colpita” da questa rivoluzione degli usi e costumi. Emblematico è il caso degli ultimi mondiali di calcio in cui i maggiori sponsor sono stati marchi prettamente occidentali. Sugli  stessi spalti i russi sono sembrati più yankee degli stessi americani, facendosi selfie, bevendo birra e sventolando una moltitudine di bandiere russe.

Il commento della Dott.ssa Carta, esamina in modo molto lucido come una nazione impregnata di storia e cultura stia diventando con il tempo, una delle tante nazioni occidentali (almeno dal punto di vista degli usi e costumi).

Gianluca Pastore