Roma Timida ha Bisogno di più Alleati

di Giuseppe Cucchi

Se non altro non possiamo negare che sulla Libia la Francia abbia idee chiare ed una politica che dallo scoppio della guerra civile contro il Colonnello Gheddafi in poi si è rivelata estremamente coerente malgrado l’avvicendarsi a Parigi di Presidenti di orientamento politico molto differente l’uno dall’altro.

Caso mai quello di cui possiamo accusare i nostri cugini transalpini è l’eccessiva disinvoltura con cui conducono con un bel pelo sullo stomaco questa politica sostanzialmente neocolonialista, condita di abbondanti coinvolgimenti di servizi segreti, traffico di armamenti ed impiego di unità speciali e che ha provocato alla Libia inaudite sofferenze dal giorno in cui Parigi e Londra hanno deciso di muovere contro Tripoli perseguendo interessi esclusivamente individuali.

Oltretutto poi si tratta di una politica che corre su un doppio binario, quello declaratorio in cui il Presidente Macron si presenta sempre come campione dell’europeismo e della azione comune associandosi ad esempio, come ha fatto di recente, all’appello Internazionale alle parti in conflitto a Tripoli affinché sospendano le ostilità. Ben diverse invece le cose allorché dalle parole si passa ai fatti. Qui la Francia si muove guidata solo dal proprio individuale interesse ed ogni decisione del Presidente è motivata da una ottica che è puramente ed esclusivamente nazionale. “Franco-François”, si direbbe a Parigi!

Per contro allorché confrontata a quella francese la politica italiana nell’area appare, soprattutto in questo momento, troppo timida. Quasi come se ci rifiutassimo di prendere atto della evidenza dei fatti e di realizzare che la Francia mira a sostituirci nel ruolo di gestione delle risorse petrolifere libiche che l’ENI ha avuto sino ad ora e ad escluderci da quel Magreb che col crescere dell’influenza francese in Libia entrerebbe integralmente nella orbita transalpina.

Di sicuro ciò deriva almeno in parte dal fatto che in questo momento noi stiamo pagando  l’accesso al potere in Italia di forze nuove i cui rappresentanti non hanno ancora sufficiente esperienza dell’agone internazionale e che non hanno ancora compreso come ad esempio nei nostri rapporti con la Libia una frammentazione dei poteri e della azione italiana fra Presidenza del Consiglio , Esteri ,Interni , Difesa – e magari anche altri protagonisti minori come i Servizi di Intelligence e la Guardia Costiera – possa risultare soltanto deleteria . Un punto che invece era ben chiaro al precedente Governo, ove col tempo e con la pratica si era determinata una situazione in cui il Ministro Minniti finiva per ricoprire completamente nei rapporti coi libici i ruoli di diversi Ministeri, magari con qualche forzatura costituzionale ma di sicuro con efficacia maggiore di quella attuale.

Paghiamo anche errori pregressi più lontani nel tempo, per esempio non avere mai cercato – nonostante disponessimo di candidati richiesti espressamente come mediatori dalle tribù libiche – di ottenere per un italiano la carica di Rappresentante delle Nazioni Unite , lasciando che essa andasse prima ad un tedesco poi ad un libanese , che guarda caso risiede in Francia ed insegna in una Università francese. C’è da considerare infine come ogni nostra politica di aiuti ad una delle parti in causa in situazioni del genere, nella fattispecie il Governo Sarraj , sia condizionata da remore e scrupoli che forse ci fanno onore dal punto di vista morale ma che finiscono per tradursi in irrilevanza sul terreno . In tale quadro persino la cessione di motovedette alla Guardia Costiera Libica è divenuto in Italia l’argomento di discussioni e di critiche a non finire.

Adesso le nostre speranze per il futuro si concentrano da un lato sul ruolo di paese di riferimento per la soluzione della crisi libica che il Presidente USA Trump ci ha riconosciuto durante il suo recente incontro con il nostro Primo Ministro. Da considerare però come Mister President sia altrettanto bravo a promettere quanto a ritirare l’appoggio allorché le cose non marciano come richiederebbero le sue esigenze, specie in periodo di elezioni di Mid Term. D’altro canto poi noi contiamo anche sui risultati della Conferenza sulla Libia convocata a Sciacca nel mese di novembre, che dovrebbe avere un livello tale per cui anche Trump, nonché i Ministri degli Esteri di Russia ed USA, Lavrov e Pompeo, dovrebbero partecipare.

Anche questa iniziativa rischia però di risentire notevolmente della recente mossa di Macron che è riuscito a riunire a Parigi le più importanti parti libiche in contrasto, a presentare un piano in 13 punti ed a proporre elezioni nazionali da svolgere nel mese di dicembre.

Mentre scriviamo a Tripoli si combatte e la bilancia sembra pendere sempre di più dalla parte del Generale Al Kalifa  e dei suoi sostenitori francesi .

Cosa possiamo fare in queste condizioni? Ben poco se ci ostiniamo a muoverci da soli ed a continuare a farlo con la timidezza sino ad ora dimostrata. Ci converrebbe invece probabilmente ricercare subito l’appoggio di tutti quelli che in un momento del genere potrebbero darci un aiuto efficace. Gli USA , la Russia , la Turchia , il Qatar , lo stesso Egitto , ora che il caso Regeni sembra sul punto di essere superato . E poi forse dovremmo riuscire imparare a rispondere efficacemente ad azioni come quella francese, magari  non abbassandoci  anche noi a predicare bene ed a razzolare male ma non dimenticando mai  che quando ci sono in gioco certi interessi gli altri possono farlo!


* Contributo pubblicato sul quotidiano La Stampadel 3 settembre 2018. Qui riportato integralmente su gentile concessione dell’autore.