Le Due Anime Coreane
di Emanuela Vulpetti
La mattina del 27 aprile 2018 il mondo ha assistito ad un incontro storico, quello tra il leader della Corea del Nord, Kim Jong Un, ed il presidente della Corea del Sud, Moon Jae In. Da una settantina d’anni a questa parte la penisola coreana è divisa in due lungo una linea oggi pesantemente militarizzata, che segna un confine tra due Paesi oggi profondamente diversi in termini politici, economici, militari e di inserimento nel quadro delle relazioni internazionali. Prodotto della seconda guerra mondiale e cristallizzazione delle dinamiche del primo periodo della guerra fredda, la creazione di una Corea del Nord distinta da quella del Sud avvenne di fatto già nel 1948, con la spartizione delle due regioni tra truppe statunitensi e comuniste. Dopo la guerra di Corea, terminata nel 1953, data l’impossibilità di riunificare il Paese sotto la bandiera unica che nel corso dei precedenti secoli l’aveva rappresentato, si sono affermati due Stati distinti, pienamente inseriti nello scacchiere della guerra fredda. La situazione nella penisola coreana ha resistito al crollo dell’URSS, dando prova della radicazione dei due regimi differenti a nord e a sud della Corea. All’indomani dell’armistizio di Panmunjon i due regimi hanno conosciuto livelli di crescita e sviluppo differenti, con il sud democratico molto più avanzato ed ampiamente inserito nell’economia globale rispetto al nord. Il parallelismo che era stato creato, almeno nella prima fase della guerra fredda, tra la divisione della Germania e quella della Corea durante gli anni della guerra fredda si è dimostrato debole, per non dire inesistente, nel momento in cui al crollo del muro di Berlino e alla dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche non ha fatto seguito l’abolizione della linea divisoria lungo il trentottesimo parallelo. La cesura tra le due parti della penisola permane e con essa una profonda distanza ed accentuate differenze strutturali tra i due Paesi.
Il regime politico della Corea del Nord ha avuto e ha tutt’oggi ampi riflessi sulla vita interna al Paese e sulla conduzione delle relazioni internazionali. Per quel che concerne la situazione interna, la Corea del Nord si configura come uno Stato monopartitico guidato da una dittatura dinastica e totalitaria. Vi è un grado di sorveglianza pervasivo, lo Stato mantiene il controllo della vita politica tramite punizioni e detenzioni molto severe, come il lavoro forzato o la tortura. Seppure recentemente vi sono state delle deboli aperture sociali ed economiche, inclusa l’ammissione di un certo grado di attività privata, le violazioni dei diritti umani sono ancora diffuse, gravi e sistematiche. Mentre la Corea del Sud ha raggiunto, e persegue, livelli di crescita molto elevati, la Corea del Nord è sempre più spinta dall’esigenza di produrre con costi minimi. Seppure goda dello stesso tipo di popolazione e di risorse del vicino del sud, il regime di Pyongyang ha raggiunto livelli di crescita di gran lunga inferiori, che mettono in luce le debolezze e le contraddizioni del modello economico adottato. Allo stato attuale la Corea del Nord deve pure risolvere i suoi problemi di coesistenza con altri Stati. Essa si configura, infatti, fondamentalmente come un Paese isolato in un mondo dove ogni tipo di relazione interstatale è diventata più forte e le relazioni internazionali più intense e imprescindibili. Al fine di ritagliarsi un ruolo nel quadro delle relazioni internazionali, la Corea del Nord ha perseguito una politica aggressiva, in particolar modo nei confronti degli USA. Il regime di Pyongyang è oggi uno dei pochi al mondo che, dalla metà dello scorso secolo, vede al governo un’unica famiglia, la famiglia Kim. Il padre della patria Kim Il Sung, il “Grande Leader”, eroe della resistenza anti-nipponica durante la Seconda guerra mondiale, creatore dell’ideologia del Juche (autosufficienza) è rimasto al potere dal 1948 al 1994. Il governo è stato trasmesso ai successori di Kim Il Sung, fino all’attuale governo di Kim Jong Un. Unitamente all’assenza di confronto politico, il Paese è rimasto negli anni relativamente isolato sul piano internazionale, avendo i successori del grande leader sostanzialmente proseguito una politica di potenza autarchica ed isolata, le cui relazioni con le principali potenze mondiali non hanno conosciuto miglioramenti. A causa degli esperimenti nucleari e del rifiuto di lasciar accesso sul territorio nordcoreano alle autorità dell’AIEA, la Corea del Nord è stata anche marchiata come “Stato canaglia” dall’amministrazione Bush. Successivamente, a fine 2011 a Kim Jong Il è succeduto Kim Il Sung, che ha sostanzialmente proseguito la via nucleare per la Corea del Nord, una strada pavimentata da minacce nucleari e posizioni forti contro i vicini nella regione asiatica, specialmente il Giappone, nonché contro le potenze occidentali ed in particolar modo gli Stati Uniti. Infine, vi è pur da tenere in considerazione che in una fase storica nella quale la spinta alla globalizzazione dell’informazione e la pervasività dei mezzi di comunicazione sono dimensioni imprescindibili della vita quotidiana, è lecito nutrire dei dubbi circa la tenuta di un regime come quello di Pyongyang. Infine, si potrebbe anche osservare che le aperture effettuate negli anni recenti sono anche dovute alla necessità di rispondere in qualche modo alla società, nel tentativo di porre argini al possibile dilagare di un malcontento.
La Corea del Sud si profila con dei tratti completamente diversi, più aperta economicamente, legata ad altri Paesi da accordi regionali ed internazionali, internamente pluralistica e democratica. Nel 1945 l’economia sud coreana era principalmente agricola. Nei decenni successivi, grazie all’adozione di politiche economiche mirate alla crescita e allo sviluppo del Paese, la Corea del Sud sviluppò in particolare l’industria leggera, i prodotti di consumo e l’industria pesante. A partire soprattutto dagli anni sessanta, la Corea del Sud è stata interessata da livelli di sviluppo molto significativi che hanno portato il Paese ad entrare nel “club” delle tigri asiatiche. Sulla crescita economica sudcoreana ha avuto grande influenza la capacità di potersi aprire alle altre economie e contare sulle esportazioni. Il modello di politiche mirate alle esportazioni, la cui attuazione in Corea del Sud rappresenta una delle storie di maggior successo, è stato chiave ai fini dell’inserimento della Corea del Sud nell’economia mondiale. D’altronde la possibilità di contare sui partner commerciali ha avuto un ruolo chiave nella realizzazione della crescita del Paese. Successivamente, l’economia sud coreana conobbe poi un’ulteriore crescita in particolare nel 1988, grazie alle Olimpiadi Estive e nel 2002 a causa dei Mondiali di Calcio, tenuti in Corea del Sud ed in Giappone. Allo stesso tempo, il terziario crebbe immensamente. Seoul si è trasformata da un’economia principalmente produttrice di prodotti di basso valore americani, ad un’economia leader nel settore tecnologico, grazie agli ingenti investimenti in ricerca che hanno effettuato le maggiori aziende del settore sudcoreane, come Samsung, LG, Daewoo. Oggi, la Corea del Sud è pienamente inserita nei flussi economici mondiali ed in particolare i principali partner commerciali della Corea del Sud, per quanto riguarda le importazioni e le esportazioni, sono la Cina, il Giappone, l’Unione Europea e gli USA. Nell’elenco dei Paesi con cui la Corea del Sud ha legami economici, da qualche tempo figura anche la Corea del Nord. Nonostante le discordie politiche, infatti, da qualche anno i flussi commerciali tra Corea del Sud e Corea del Nord sono aumentati, grazie anche all’inserimento imprenditoriale di grandi aziende sudcoreane, come per esempio la Hyundai, nel Nord. Per quel che concerne l’aspetto politico, il sistema democratico della Corea del Sud è caratterizzato da cambiamenti di potere regolari e un robusto pluralismo politico, dove i maggiori partiti sono prevalentemente di tipo liberale e conservativo. Le libertà del popolo sono in larga misura rispettate, anche se sussistono problemi in relazione ad alcuni diritti delle minoranze e alla libera espressione politica, talvolta ostacolata dalla messa al bando dei movimenti a favore della Corea del Nord.
Nonostante le sostanziali differenze e la perdurante opposizione tra le due parti della penisola coreana, non è possibile non rilevare che vi sono stati, soprattutto a partire dai primi anni 2000, alcuni passi, talvolta timidi, volti ad un riavvicinamento. Sebbene la storia della Germania della seconda metà del novecento possa essere, ed in passato sia stata, presa a riferimento per la situazione della Corea, attualmente appare possibile affermare che la Corea sfugga a questo schema. Difatti, nel caso della Corea si è oggigiorno in un contesto di due regimi molto radicati, dei quali l’esistenza di quello del Nord non dipende politicamente da nessuna potenza esterna, come succedeva invece nella Germania dell’Est, profondamente legata alle direttive di Mosca. Due regimi contrapposti ed ideologicamente molto lontani faticano a trovare dei veri punti di convivenza. L’incontro tra i due leader coreani di aprile è in realtà il secondo tentativo di riavvicinamento tra i due Paesi. Il primo episodio di distensione delle relazioni tra le due parti della penisola coreana si ebbe nel 2007, quando furono ripristinati i collegamenti ferroviari e avviati timidamente una serie di altri accordi. In particolare, in ottobre Kim Jong Il e il presidente sud-coreano Roh Moo-hyun si incontrarono e stipularono un accordo per collaborare su vari progetti economici, concordando inoltre di avviare un confronto per giungere alla firma di un trattato che avrebbe formalmente posto fine alla guerra di Corea. Tuttavia, il trattato di pace non è stato mai formulato.
Un altro passo fatto recentemente dalla Corea del Sud, importante seppur simbolico, è stato la rimozione di alcuni degli altoparlanti, al confine tra i due Stati, che trasmettevano messaggi di propaganda contro il governo del nord e pare che anche il nord abbia fatto lo stesso. Fondamentale è stata l’apertura mostrata dalle due parti della Corea nell’aprile 2018, con la firma un nuovo accordo di riavvicinamento tra i rappresentanti delle due Coree. Lungi dall’essere un accordo conclusivo, l’accordo di aprile ufficializza la volontà di sviluppare il dialogo tra le parti nel modo più costruttivo possibile. Inoltre, è stata dichiarata nuovamente l’intenzione di siglare un accordo di pace tra la Corea del Nord e quella del Sud. L’incontro del mese scorso può costituire una base solida per trattative future, che sicuramente hanno più speranze di essere effettivamente intavolate e trovar luogo in un clima di dialogo tra le due parti coreane. Permangono tuttavia delle zone d’ombra dal momento che, tra gli altri aspetti, quest’accordo poco svela della strategia del leader nordcoreano. Kim Jong Un ha partecipato al summit in posizione di forza, dato che ha assunto le vesti di leader di una potenza nucleare. Appare più decifrabile la pressione che il Presidente Moon ha esercitato alfine di aprire una finestra di dialogo con il collega nordcoreano, alla luce delle minacce nucleari più volte formulate da Kim Jong Un. Infine, non minore è l’importanza dell’atteggiamento che le altre potenze assumeranno in questo quadro, in particolare per quel che concerne gli Stati Uniti, dove l’amministrazione Trump ha favorevolmente accolto l’incontro tra i due leader coreani. Secondo alcuni osservatori, nell’atteggiamento positivo dell’amministrazione statunitense sarebbe anche possibile leggere un velato interesse nella misura in cui, domani, una Corea riunificata ed alleata agli USA potrebbe costituire un contrappeso alla potenza cinese. In definitiva, l’incontro ha rilassato le tensioni accumulate nel 2017, anche se la tenuta di questo effetto sul lungo periodo è da verificare. Le aperture, quindi, seppur minime, da qualche anno a questa parte costituiscono segnali di debole ripresa dei rapporti tra le due parti della penisola in particolare, e tra la Corea del Nord ed il resto del mondo più in generale.