Il Dragone non dorme mai
di Romano Prodi e Giuseppe Cucchi
“Oh , East is East and West is West , and never the twain will meet…” predica Kipling nella sua ” Ballata dell’Est e dell’Ovest” , sottolineando come Oriente ed Occidente siano destinati a non comprendersi ed a mantenere per sempre una propria distinta individualità . Si tratta di un concetto che sembra pero’ sul punto di essere definitivamente superato , considerato come la straordinaria iniziativa cinese “One Belt , One Road” mirata alla riapertura delle antiche vie terrestri e marittime della seta , prospetti ora un futuro in cui civiltà diverse dovrebbero definitivamente fondersi su un piano di parità e senza che nessuna di esse prevalga sull’altra .
In molte parti del mondo , in India , in Giappone , nel Sud Est Asiatico , negli stessi Stati Uniti , l’iniziativa cinese ha però suscitato più allarme e diffidenza di quanto non abbia raccolto consensi . Essa viene infatti interpretata come un sofisticato strumento destinato a favorire nel tempo l’affermarsi di quello che viene definito come un nuovo imperialismo cinese. In Europa invece essa è stata accolta con grande favore , specie in quei paesi mediterranei che sperano di ritrovare attraverso l’incremento del commercio con l’Asia una rinnovata centralità’ europea . Qui l’opinione prevalente è che non si possa assolutamente parlare di imperialismo ed espansionismo , concetti che tra l’altro sarebbero stati sempre alieni alla cultura cinese anche nei momenti di maggiore splendore del paese .
Ma siamo nel giusto o ci sbagliamo?
E in fondo che cosa conosciamo della Cina? Molto poco e ciò che conosciamo deriva più da stereotipi del passato , da ricordi di libri di scuola scritti quando l’Occidente era ancora l’ombelico del mondo piuttosto che da esperienze personali e da una valutazione di quella che è la realtà attuale. Oltretutto vi è tutta una serie di motivi concorrenti che ci rende ancora più difficile conoscere e valutare un mondo che non e’ il nostro , una cultura che non e’ la nostra .
La prima è la sua assoluta estraneità da quelli che sono i nostri canoni . Per millenni abbiamo seguito strade separate e non concorrenti. Il risultato è che di fronte ad una opera d’arte cinese arriviamo a volte ad apprezzarne la squisita bellezza ma non troveremo mai qualcosa che la apparenti ai lavori dei nostri grandi artisti. E ciò che vale per l’arte vale anche per tanti altri settori della vita.
La seconda e’ la dinamicità straordinaria di un mondo che , come dicono i cinesi , sta vivendo il proprio Rinascimento e pensa di fruire di una occasione unica per recuperare in pari tempo cento anni di ritardo accumulato nonché la posizione che prima del proprio isolamento la Cina occupava nel mondo. E guarda caso si tratta di una posizione che è sempre definita come centrale , per cui la Cina è ” l’impero di mezzo ” , “la nazione indispensabile ” , “il paese perno” e via di questo passo con espressioni che non indicano esplicitamente una posizione di superiorità ma che in maniera molto più sottile la implicano , la sottintendono e in definitiva la suggeriscono.
La terza si identifica con le distorsioni prodotte dall’orgoglio residuale di chi è stato sino a date recenti il padrone di un mondo in cui al massimo alla Cina era consentito di giocare il ruolo di sfidante perennemente rivoluzionario , a patto però che tutto si svolgesse entro le sue frontiere e che in tale ambito rimanessero confinate anche le terribili sofferenze provocate dai suoi esperimenti politici. In fondo ogni Impero guarda prima di tutto ed essenzialmente a se stesso , e noi occidentali certo non abbiamo fatto eccezione! La nostra visione resta quindi ancora una visione che ci pone al centro della storia , impedendoci di valutare nella giusta misura quanto sta succedendo nelle altrui dimore e quali possano essere le reali ragioni che determinano particolari iniziative.
Infine noi ci limitiamo , quando ciò avviene , a valutare la Cina sulla base del suo comportamento attuale , ispirato da una generazione che ha vissuto sulla propria pelle tutti gli sconvolgimenti della conclusione dell’era di Mao e della successiva tumultuosa transizione del settore economico. Una generazione che , come hanno ripetutamente dichiarato i suoi massimi dirigenti , non ha alcuna inclinazione a rivestire un giorno ruoli o pretese imperiali preferendo dedicarsi in tutti i settori alla ricerca della confuciana armonia.
Le nuove generazioni cinesi che stanno ora crescendo sono però molto diverse da quelle che le hanno precedute. Innanzitutto si tratta di generazioni di figli unici , abituati ad essere sempre al centro della azione e della attenzione collettiva , viziati dalle cure dedicate loro da tutta una famiglia e che non hanno mai dovuto superare l’ostacolo di una risposta negativa. Poi sono generazioni che crescono in un paese prospero , in rapida espansione e che si sente destinato a divenire in breve la prima potenza economica del mondo.
E’ quindi assurdo continuare a pensare che la Cina non sia pericolosa perché non ha mai nutrito aspirazioni imperiali. Se non lo ha fatto sino ad ora inevitabilmente lo farà nel futuro . Ci sono già i primi sintomi di tutto ciò nel modo in cui la politica africana del paese diviene di giorno in giorno sempre più neo colonialista o nel tono con cui i giovani cinesi parlano della penetrazione di Pechino in una Siberia già considerata più come un pezzo di Cina che come una parte della Russia.
Pensare di rinunciare alle grandi occasioni offerte dalla “One Belt , One Road” equivarrebbe comunque , nonostante tutti i dubbi che si possono nutrire sulle ragioni cinesi , ad un vero e proprio suicidio economico. Una considerazione che vale per l’Europa intera ma che è particolarmente importante per noi italiani che speriamo in una rivitalizzazione dei porti adriatici che vada di pari passo con una crescita epocale dei flussi di commercio . Occorre quindi procedere , ma a ragion veduta , con la dovuta prudenza e ricordandoci magari che anche il diritto romano sottolinea come ” non sia lecito andare al mercato da sprovveduti” .
Ciò significa che le intenzioni cinesi dovranno essere scrutinate a fondo, con assoluto realismo e senza alcuna idealizzazione. In fondo la Cina è uno Stato e come dice Morgentau ” gli Stati sono tutti mostri freddi ” ( magari un “drago freddo ” , in questo caso!) quando si tratta di fare i propri interessi.
Non disponiamo di un numero di un adeguato numero di persone che abbiano una preparazione idonea a permetterci di seguire passo passo il gigante asiatico , valutandone di volta in volta comportamento ed intenzioni ? Beh , allora qui c’è di sicuro un investimento urgente da fare!!!
* Contributo pubblicato su “East West” in data 30 agosto 2017.
Qui riportato integralmente su gentile concessione degli autori.