Sviluppo non più sostenibile? Conflitto mondiale strisciante?

di Giuseppe Carta

Un nuovo tipo di conflitto è in corso, con armi diverse, di indeterminato dislocamento ed uso e con poche possibilità di contrasto. I codici etici, usati ed abusati non sono più credibili.

Esiste nel mondo, nelle economie, un disperato bisogno di crescere, costi quel che costi.

Gli sconvolgimenti mondiali hanno una genesi diversa da quelli di qualche decennio fa. Non sono solo le guerre o le rivoluzioni a determinare le crisi ma anche, e direi soprattutto, le alterazioni di carattere finanziario ed industriale che modificano l’economia, la società e gli equilibri, in un mondo non più bipolare ma fortemente attanagliato nella globalizzazione delle informazioni, delle produzioni e del mercato.

Non si deve dichiarare guerra a nessuno, il tavolo della Pace, teoricamente, è sempre aperto nell’incorporeo conflitto,  ha sedi differenti e riti inusuali , impercepibili se non a posteriori , sempre in corso e con mille volti.

Istituzioni transnazionali sempre più vuote ed inascoltate, cassa di risonanza delle discordie ed autoreferenziali per la propria sopravvivenza.

Con la prima crisi post moderna finanziario-cibernetica della Leheman Brothers siamo passati allo spionaggio industriale, alle battaglie valutarie e borsistiche con un misto di “hackeraggi” privati o di Paesi ostili.

Oggi il conflitto non si manifesta attraverso pretesti politici ed ideologici. L’ideologia ha lasciato il posto alla interpretazione economico e finanziaria delle politiche.

Tutto questo viene riflesso quotidianamente anche dalle crisi geopolitiche che sempre più hanno un drive economico, determinando accozzaglie in ambito politico militare , come la guerra “differenziata” allo Stato Islamico, tra USA , UE , Turchia ( Nato ) , Russia etc ; tutto in un’alternanza di alleanze e di tattiche non sempre comprensibili ed in contrasto con le dichiarazioni che si susseguono.

Il mondo mussulmano è spaccato con il sostegno subdolo dei nostalgici del bipolarismo egemonico e con i loro vassalli che cercano di ritagliarsi un ruolo, perso da tempo.

Gli interventi umanitari hanno preso la strada dell’affermazione egemonica e quindi economica in nome dell’esportazione della democrazia in molte aree, in costante e crescente disordine, con definitiva sconfitta di quest’ultima.

Il Papa parla di terza guerra mondiale e crediamo che ne abbia la cifra.

Crisi diffuse, a pelle di leopardo, ormai tridimensionali, dal terreno degli scontri cruenti e dei massacri tribali alle guerre economico-finanziarie.

Persino lo scandalo Volkswagen, per quanto assurdo, presenta ingredienti di quanto sopra: etica industriale calpestata nella gara del dominio economico, con plausibili ingredienti di spionaggio o “hakeraggio”.

Guerre nella Guerra.

Una di queste, silente quanto efficace, tende ad indebolire la Germania e di conserva l’Europa che continua a barcamenarsi tra atlantismo e eurocentrismo con l’asse franco-tedesco sempre meno convincente.

L’onda incessante delle migrazioni post primavere arabe co-agisce nell’opera di indebolimento del Continente dove le risposte da parte UE sono sempre parziali ed incerte.

In questo scenario, in costante alterazione, lo studio del rischio di un business deve passare attraverso analisi profonde di scenario tecnico-economico-politico, meno cartesiane di quanto le aziende eseguono attraverso un processo di risk-assessement tradizionale, le incognite dell’equazione sono molte, sovente escono dagli schemi digitali dell’analista.

Molte scelte del passato con investimenti in aree reputate emergenti oggi sono nel terreno infido degli interessi incrociati; la stessa immagine che fino a pochi anni fa si aveva del mercato potenziale è molto cambiata, per questa ragione si stressano i mercati così detti sicuri con una “violenza competitiva” inusuale.

Non sappiamo quanto tutto ciò durerà o se emergerà l’esigenza di un profondo cambiamento, senza dover cadere nella seduzione di vie ancora più pericolose al fine di “normalizzare” il nostro futuro.