Due modi di combattere una guerra

di Giuseppe Cucchi

Al di là di tutte le discussioni che sono state fatte sul concetto in teoria nuovo ma nella pratica utilizzato da sempre della cosiddetta “guerra ibrida “, l’esperienza degli ultimi cento e passa anni ha abbondantemente dimostrato come allorché si arriva alla vera e propria guerra guerreggiata i modi di combattere siano sostanzialmente due.
Il primo consiste nello scontro frontale, mezzo contro mezzo, uomo contro uomo, un abbraccio terribile che alla fine risulta fatale ad uno dei due contendenti ma in cui anche l’altro , il vincitore , è spesso destinato a pagare un carissimo prezzo in termini di lutti e distruzione . Basta ricordare come, nella seconda guerra mondiale, la Russia pagò la sua vittoria sulla Germania con circa 12 milioni di morti e come la Cina, inclusa anche essa fra i trionfatori , uscì dal confronto con il Giappone lamentando circa 25 milioni di perdite . Il fine da conseguire con questo tipo di guerra si concretizza così nella distruzione delle Forze Armate avversarie, premessa indispensabile perché si possa ragionare di pace, e garanzia anche del fatto che per un ragionevole lasso di tempo – di norma i venti anni di una generazione – l’avversario non possa essere pronto a chiedere la rivincita . Il secondo tipo di guerra è invece quello che mira non alla distruzione delle Forze Armate nemiche – obiettivo che pur esiste sempre ma che in questo caso è considerato come complementare ed eventuale – bensì ad annullare la volontà di resistere della popolazione dello Stato contro cui si combatte. E’ un caso che si è verificato ben più di una volta in tempi ed in momenti diversi nel corso degli ultimi cento anni. Nel 1918 infatti la resa dei tedeschi alle Potenze Alleate non derivò da una sconfitta militare vera e propria ma dal fatto che alle spalle delle Forze Armate Guglielmine ancora disciplinatamente schierate contro i francesi e gli inglesi nella vallata della Marna – e quindi in territorio nemico, è bene sottolinearlo – la Germania, disperatamente stanca di anni di sacrificio, lutti e digiuno, era caduta nell’anarchia e nel caos ,  liquidando il Kaiser senza sapere bene come sostituirlo. Quaranta e passa anni più tardi la Francia di De Gaulle chiude ad Evian una guerra che sul campo risultava già vinta ma di cui la Francia non era più disposta a sopportare l’onere dissanguante. Si arriva in questo caso al punto che i reparti francesi che rientrano in Patria vengono visti come un ostacolo alla normalizzazione della vita nazionale e quindi sono accolti quando va bene con freddezza, quando va male con aperta ostilità. In tempi più recenti infine, allorché la Nato affronta il conflitto in Kossovo, non lo fa certo attaccando i soldati serbi, ben trincerati e reduci da una odissea bellica durata sei anni e comprendente quattro conflitti.

Troppo costoso in termini di sangue, soprattutto per una opinione pubblica Occidentale che ha dimostrato chiaramente in varie occasioni di non sopportare più lo spettacolo dei cadaveri dei suoi soldati che tornano a casa avvolti nelle rispettive bandiere. Meglio quindi mirare ad infrangere con ondate su ondate di bombardamenti che sconvolgono il Paese ed in qualche caso, forse intenzionalmente, sono anche gestite con eccessiva disinvoltura, la volontà di resistere della Serbia. Cosa che puntualmente avviene e che costringe i soldati serbi dislocati in Kosovo ad uscire dalle trincee ed a rientrare in patria a vivere le conseguenze di una sconfitta senza essere stati in realtà mai battuti sul campo. Due tipi distinti di guerra quindi …. ed è proprio il fatto che ci siano modi di battersi diversi uno dall’altro che implica in parallelo anche l’esistenza di una concreta possibilità di scelta allorché si decide quale strategia si vuole utilizzare nell’ambito di un conflitto. Si tratta di un concetto che il Presidente Putin avrebbe fatto bene ad esplorare a fondo nel momento in cui prese la decisione di utilizzare la forza per riportare l’Ucraina nell’orbita russa. Chiaramente però così non è stato. Dopo il primo momento delle dorate illusioni, quello in cui al Kremlino si sognava una marcia trionfale su Kiev, completata dalla cattura o dell’uccisione del Presidente Zelenskj e dalla installazione di un governo fantoccio , la Russia ha infatti imboccato con decisione la via tradizionale dei conflitti armati , contando su una superiorità in uomini e mezzi che l’appoggio Occidentale agli ucraini ha finito con l’annullare pressoché totalmente . Abbiamo avuto così mesi di scontri logoranti costati moltissimo ad entrambi i contendenti in termini di mezzi distrutti e vite umane troncate . Adesso le parti si sono in un certo senso invertite, con l’Ucraina che va all’attacco cercando di sfruttare al meglio gli elementi di momentanea superiorità di cui ancora gode mentre la Russia si sta fortificando per non cedere all’avversario i territori che con atto formale ha recentemente annesso . Nelle più recenti settimane però la sua strategia sembra essere radicalmente cambiata, anche grazie alla disponibilità di una nuova arma – i droni iraniani – che le consente una scelta di obiettivi ben diversa da quella che era privilegiata in precedenza . Il drone iraniano , arma di basso costo e prodotta in grandi numeri , le  permette infatti di saturare le difese contraeree ucraine , mirando alla distruzione non più delle Forze Armate avversarie , bensì della infrastruttura di vario tipo – prima fra tutte quella energetica – che consente a quella parte dell’Ucraina che non è interessata direttamente dai combattimenti di continuare a condurre una vita quasi normale . Per il momento siamo soltanto agli inizi ma c’è da chiedersi che cosa succederà se questo tipo di attacchi continuerà sino a lasciare l’intera Ucraina senza luce , acqua , riscaldamento e servizi essenziali alla vigilia di un inverno che a quelle latitudini non si prospetta certamente come clemente .

Quanto durerà in quel caso la volontà di combattere di un paese che invece sul campo ha ampiamente dimostrato di sapersi e volersi difendere con grande efficacia ? Nell’incertezza della risposta e nella impossibilità di prevedere almeno per il momento se la Russia continuerà o meno su questa nuova strada di recente intrapresa , teniamoci quindi pronti a mettere in atto strategie di risposta che possano risultare efficaci nell’aiutare il paese attaccato a mantenere più o meno intatta la propria funzionalità . Un compito che ci delinea subito due strade principali da seguire . Da un lato infatti occorre potenziare al massimo la difesa contraerea Ucraina , consentendole di far fronte alla nuvola dei droni iraniani . Dall’altro invece bisognerà aiutare il paese a riparare con la massima velocità possibile ogni ganglio vitale colpito , in maniera tale che esso rimanga sempre in misura di funzionare e che i sacrifici richiesti alla sua popolazione non superino mai il livello di accettabilità . Combattere usando come arma la Protezione Civile ? Si , è un concetto che può suonare strano …….ma in una guerra veramente ibrida anche molte altre cose potrebbero essere considerate altrettanto “strane”!!!


Pubblicato su Limesonline in data  28/10/2022, qui pubblicato su gentile concessione dell’autore.