I Balcani, Frontiera Interna o Esterna?

di Giuseppe Cucchi

In Europa i Balcani sono conosciuti da parecchio come ” un luogo che produce molta più storia di quanto  non sia poi in condizione di consumarne” . Si tratta di una definizione che pienamente corrisponde  alla realtà di una terra  da sempre luogo di incontro e scontro di aspirazioni e spinte diverse. Frontiera, innanzitutto,  fra le religioni.

Ricordate la bellissima pagina di Ivo Andric nel “Ponte sulla Drina ” con i tre  “Uomini della Legge”  , il pope , l’imam ed il rabbino , che attendono di ricevere l’ennesimo invasore alle porte della loro citta’? Poi crocevia di razze , i latini della costa , i serbo-bosniaci dell’interno ,  gli sloveni imparentati con i tedeschi , gli albanesi , i turchi …… In seguito gli Imperi, i tre grandi classici dell’Ottocento, l’ottomano, il russo, l’austro ungarico. E infine, quasi a margine, anche altri protagonisti pronti ad inserirsi nel calderone ribollente non appena se ne presenti l’occasione: gli inglesi ,i tedeschi ,  i francesi ….. adesso persino i cinesi . Anche noi italiani, ogni volta che rinascono le nostre ansie e velleità adriatiche! E come dimenticarsi degli americani, specie di quel Presidente Wilson che con le sue utopie in controtempo riuscì, dopo la prima guerra mondiale, a predisporre magistralmente i Balcani per più di un altro mezzo secolo di caos? Insomma un eterno guazzabuglio che con moto pendolare, nella stessa maniera che i cinesi descrivono con maestria nel loro “I tre regni” , tende alternativamente a riunirsi sotto la ferula di un solo padrone per poi mirare di nuovo a scomporsi non appena riunito , in una successione di sanguinosi sussulti . Così , per limitarci soltanto al novecento , abbiamo avuto prima un Regno di Serbia , poi la frammentazione della guerra partigiana , con titini , cetnici  , ustascia , ognuno per se’ e ciascuno contro tutti . Poi di nuovo la Federazione Jugoslava, ove la personalità di Tito ed una ruvidissima classe dirigente cresciuta dalla militanza partigiana fungevano da collante.

In seguito l’esplosione nel rosario di guerre degli anni novanta, cui soltanto le bombe ed in seguito gli scarponi sul terreno della NATO hanno apparentemente posto fine . Ed ora una nuova unità che si va pacificamente, lentamente e con molti ostacoli componendo sotto la bandiera blu e le dodici stelle d’oro della Unione Europea. Almeno apparentemente ….poiché non è affatto detto che sotto sotto l’eterno fuoco del vulcano Balcani non stia ancora covando , pronto ad esplodere di nuovo non appena glie ne si presenti l’occasione.

A ben guardare infatti con i nostri interventi degli anni novanta del secolo scorso noi i problemi locali non li abbiamo affatto risolti  . Ci siamo soltanto limitati a congelarli nella speranza da un lato che il trascorrere del tempo facesse evolvere situazioni al momento non risolvibili in maniera positiva. D’altro canto poi gli arrangiamenti di compromesso ci liberavano comunque di problemi che finivano così con l’essere abbastanza elegantemente trasferiti ad altre generazioni. Magari anche più brave di noi nell’affrontarli, nel gestirli ed eventualmente nel risolverli…cosa che però non risultava affatto garantita. È per questo che a parte il caso sloveno, tanto piccolo da non fare storia – al punto tale che serbi e sloveni riuscirono a risolverlo da soli , senza dover ricorrere ad alcun intervento della comunità internazionale –  nessuna delle guerre jugoslave degli anni novanta del secolo scorso si è chiusa con un vero e proprio trattato di pace  , che quando e dove c’è stato è arrivato poi in tempi posteriori , bensì con tregue e nel migliore dei casi con accordi.

Esemplari a riguardo gli Accordi di Dayton, vero e proprio capolavoro dell’arte diplomatica e probabilmente espressione del miglior risultato che si potesse conseguire in quel momento, ma che hanno cristallizzato in Bosnia Erzegovina una situazione costosamente assurda che ancora vincola attori e garanti dopo più di venti anni. Analogamente inquieto rimane il Kossovo, cui noi a suo tempo ci affrettammo a concedere un riconoscimento de iure a dir poco prematuro , mentre ci saremmo dovuti limitare ad un riconoscimento de facto della sua indipendenza dalla Serbia che tenesse conto da un lato della nuova situazione che si era creata sul terreno ma non sanzionasse in maniera definitiva e legale un mutamento dei vecchi confini ottenuto con la forza delle armi . Si è trattato di un errore che in seguito l’Occidente ha pagato molto caro, allorché si è trovato di fronte un Putin che, dopo aver annesso la Crimea , ricordava a chiunque contestasse il mutamento della vecchia frontiera fra la Russia e l’Ucraina il precedente kosovaro , cui nessuno aveva obiettato né in ambito Unione Europea né in sede NATO . Sempre in Kossovo noi abbiamo permesso che il controllo del paese rimanesse per un tempo troppo lungo nelle mani di coloro che erano stati alla testa dell’UCK nel corso del conflitto, dimenticando come  gli uomini idonei a gestire  la pace siano ben diversi da quelli che portano avanti la guerra . IL risultato è stato che la tensione razziale che da sempre funesta il Paese non si è ancora del tutto spenta, mentre la sicurezza della minoranza serba a Kossovska Mitrovitza o intorno ai monasteri di Decani resta affidata alla permanenza di un presidio internazionale che non potrà però certamente durare in eterno e rimangono altresì aperte come ferite non curate anche le pretese kosovare sulla Vallata di Presevo in Serbia e nei riguardi della minoranza  albanese nella Macedonia del Nord . Da citare infine anche il caso della Serbia, il grande sconfitto delle guerre balcaniche dei passati anni novanta . Uno sconfitto in cui da un lato essa ha risentito come un abbandono ed un tradimento il mutamento di politica di paesi europei come la Francia e l’Italia ,  da sempre i suoi tradizionali alleati nel tentativo comune di arrestare a livello della  Croazia l’estendersi della influenza tedesca sui Balcani . Dall’altro poi essa ha ritenuto , probabilmente con qualche ragione , che lo schierarsi compatto dei membri NATO contro Belgrado molto dipendesse anche dal fatto che i serbi , slavi ed ortodossi , venivano visti come un fratello minore della Russia. E come tali posti già in partenza fra i cattivi  di cui sorvegliare ogni azione e contestare ogni pretesa.

Una impressione definitivamente confermata dal fatto che mentre Milosevic è Karadzic erano poi inviati ad affrontare il giudizio del Tribunale Internazionale dell’ AJA,  né al croato Tudjman né al bozniaco Izbegovic , in fondo egualmente colpevoli dei dieci anni anni di inferno dei Balcani , nulla del genere veniva contestato . Per tutti questi motivi , ed anche per il fatto che l’Occidente ha sempre dimostrato di non essere capace di concepire trattati di pace che risultino pienamente accettabili non soltanto per il vincitore ma anche per il vinto , Belgrado ha faticato moltissimo a superare i traumi della guerra e della sconfitta . Sempre che li abbia poi realmente e definitivamente superati ! Molta della colpa per il fatto che i Balcani  , o perlomeno la loro parte ovest , non siano ancora quel polo di prosperità e pace che forse avrebbero potuto già essere se le cose fossero andate diversamente , dipende probabilmente dal fatto che nei loro confronti né la NATO ne’ l’Unione Europea si sono mosse con la rapidità e l’efficacia con cui hanno invece agito nei riguardi dei paesi europei già membri del Patto di Varsavia e delle tre Repubbliche Baltiche.

Essi furono infatti incorporati nelle due organizzazioni quasi “a tamburo battente” con una velocità che è stata poi ampiamente criticata , e ha dato anche origine ad inconvenienti non indifferenti ,  ma che ha consentito ai diretti interessati di accedere quanto prima alla sicurezza ed al benessere condiviso dei due organismi internazionali. In un certo senso il resto dell’area e’ stato poi vittima delle difficoltà che ha presentato la prima ondata di allargamenti ai paesi balcanici ed ex comunisti , rivelatisi più difficili da assimilare del previsto e poco disposti a dare anche se prontissimi nel prendere e nel pretendere. Un comportamento che ha suscitato la diffidenza di molti vecchi membri condizionanti delle organizzazioni maggiori e spiega ad esempio il recente veto in sede UE della Francia per l’apertura di procedure di ammissione nei riguardi di Macedonia del Nord ed Albania .

Al di là di tutto questo però quello che ha reso estremamente delicata la situazione attuale di parte dei Balcani è stato il modo in cui negli ultimi venti anni l’area si è aperta ad influenze ben diverse di quelle tradizionali . L’accettazione di alcuni paesi dell’area  quali membri della NATO ha infatti esaltato oltremisura il ruolo giocato sino a quel momento dagli Stati Uniti che hanno approfittato  delle loro paure per utilizzarli come pedine di un gioco anti russo portato avanti in area Europea in un modo che altrimenti non sarebbe stato possibile . Peggio ancora poi il fatto che  essi siano tuttora usati da Washington per mantenere viva quella tensione  fra “vecchia e nuova Europa” che impedisce all’Unione Europea di progredire …..e forse di divenire il potenziale rivale che la dottrina della “America First” certo non ama veder crescere . In un certo senso simmetrica all’aumento dell’influenza americana e’ stata poi la ricomparsa della tradizionale influenza russa ,  sparita dai Balcani dalla caduta dell’Impero Zarista . I primi accenni di questa ricomparsa risalgono alla guerra del Kosovo ed al ruolo che reparti russi svolsero nell’occupare prima delle truppe NATO l’ aeroporto di Pristina , rimanendo poi con le truppe di occupazione quale elemento rassicurante per i serbi . Con l’arrivo al potere di Putin inoltre la politica russa nei Balcani , giocata nella duplice chiave razziale e religiosa , ha acquisito maggiore consistenza ,  coinvolgendo  fra l’altro oltre alla Serbia anche paesi membri della Alleanza , come la Bulgaria , il Montenegro , la stessa Grecia . Al momento il caso più preoccupante appare in ogni caso quello del Montenegro , che molto dipende da Mosca anche nel settore commerciale , economico e finanziario . In prospettiva poi l’interesse russo alle acque mediterranee potrebbe anche tradursi nella ricerca di una presenza maggiore in area adriatica . Non dimentichiamoci poi la Cina , decisamente ultima arrivata anche se si muove con una rapidità ed una spregiudicatezza che i suoi concorrenti non hanno. Che essa sia da annoverare ormai fra le potenze mediterranee è un fatto da tempo acquisito , come dimostrano le manovre navali congiunte cui la Marina Cinese prende parte con altre potenze ormai da qualche anno in queste acque . A ciò si aggiunge il crescente impatto della sua iniziativa “one belt , one road” , che se da un lato ha il merito di delineare una operazione in cui tutti dovrebbero trovare il proprio considerevole vantaggio dall’altro presenta anche indubbi lati oscuri.

Primo fra tutti la situazione di progressivo indebitamento per far fronte alle spese infrastrutturali che innesca una spirale del debito destinata alla fine a far dipendere dalla Cina stessa la sopravvivenza economica dei paesi minori aderenti al progetto e che vogliono rimanere al passo con esso. Su tutta questa situazione, già di per se tanto complessa da non poterla assolutamente trascurare , si innesta ora per sopra misura anche un revival islamico che investe la cosiddetta “dorsale verde dei Balcani” , vale a dire quell’area che va dalla Macedonia del Nord/Albania alla Bosnia In cui la religione prevalente è quella musulmana  . È una area che è sopravvissuta alle pulizie etniche delle recenti guerre balcaniche anche, e forse soprattutto, grazie alla cura che hanno avuto gli Stati Uniti nell’evitare di crearvi situazioni di fatto che potessero essere sgradite ai loro alleati neo ottomani od arabi. Per di più per circa venti anni vi si è lasciato libero campo ad una penetrazione Saudita che la ha costellata di moschee wahabite e ad una influenza economica e politica turca, le cui ambizioni hanno finito col rivelarsi costantemente crescenti.

È decisamente ora quindi che nel quadro di una rinascita perennemente annunciata – e che costantemente stenta a partire! –  l’Unione Europea si ricordi anche della area balcanica, se non altro per decidere con serietà che cosa intenda fare nei suoi confronti. Altrimenti uno di questi giorni ci ritroveremo con il Sultano Erdogan  i suoi giannizzeri ed i suoi tamburi della pioggia schierati alle porte di Vienna ……come del resto noi italiani ce li siamo già ritrovati a Tripoli!