Putin Fiuta L’Aria

di Stefano SIlvestri

Vladimir Putin ha compiuto a Roma un viaggio breve, ma molto denso di incontri, toccando con i suoi interlocutori, in Italia e al Vaticano, una larghissima selezione di temi, dalla Libia alla Siria, dal Venezuela al controllo degli armamenti e ai rapporti con gli USA, dall’Ucraina ai Balcani, dalle sanzioni economiche al contrasto tra il modello liberal-democratico e quello autoritario (della cosiddetta democrazia “guidata”).

L’impressione è che sia venuto soprattutto per informarsi, tastare il terreno, sentire l’aria che tira, a scambiare impressioni con attori molto “speciali” come il Papa e la Curia vaticana, o come i presidenti di una repubblica e di un governo politicamente “anomali” e sottoposti a forti pressioni sia da parte dei loro alleati che dal mutare del quadro strategico globale.

Non sembra ci fosse alcuna aspettativa di un qualche grande accordo e neanche del varo di nuovi negoziati, né dell’esplorazione di ipotesi politiche od economiche innovative. Putin non sembra aver chiesto ai suoi interlocutori alcn mutamento di rotta, né sembra aver offerto nuovi allineamenti o modifiche della politica russa.

A che pro dunque essersi impegnato in questa spettacolare, e certamente anche faticosa, giornata? Sarebbe difficile e presuntuoso dare risposte certe, senza essere stati presenti ai colloqui bilaterali e basandosi solo sulle poche indiscrezioni trapelate pubblicamente. Tuttavia è possibile fare qualche ipotesi, tenendo conto del quadro generale in cui si muove oggi la politica russa e il suo Presidente.

Putin è impegnato in una serie di diversi e complessi scacchieri. È ad esempio sempre più presente in Medio Oriente, non solo in Siria, ma anche in Iran (in polemica con Donald Trump) e in Arabia Saudita (grazie al comune interesse petrolifero). Sembra anche affacciarsi in Libia. Combatte il terrorismo, o almeno parte di esso, ma offre anche una sponda militare alternativa a quella americana, ad alcuni interlocutori, a volte molto problematici. È impegnato in Asia con la. Cina, ma anche con le due Coree e persino con il Giappone, con il quale resta aperta l’annosa questione del trattato di pace, che dovrebbe concludere la II Guerra Mondiale e risolvere la questione dei cosiddetti territori settentrionali dell’arcipelago giapponese occupati a suo tempo dall’URSS. Ha fatto recentemente capolino anche in America Latina, implicandosi nella questione Maduro, e, nello stesso tempo, ha rilanciato la possibilità di un nuovo Vertice con il Presidente americano, che rimedi al sostanziale fallimento di quello dello scorso anno ad Helsinki.

In tutto questo resta evidente il fatto che la Russia ha un grosso problema europeo, perché i paesi europei, membri della NATO e/o dell’UE, nel bene o nel male restano di fatto, come all’epoca della vecchia URSS, la maggiore e più evidente alternativa ideologica, politica ed economica al suo modello “putiniano” di democrazia autoritaria, né dimenticano né gli perdonano la sua puntata contro la Georgia, l’annessione della Crimea e la sua politica nei confronti dell’Ucraina.

Putin afferma apoditticamente che il modello liberal-democratico è ormai sconfitto, ma la realtà è ancora molto diversa. È vero che Donald Trump non sembra un gran campione della liberal-democrazia: in realtà non sembra neanche sapere bene cosa questo termine significhi e recentemente ha confuso  la liberal-democrazia con le posizioni dell’ala sinistra del Partito Democratico americano (con grande indignazione dei pensatori liberal-conservatori americani). Ma comunque gli USA sono ben lungi dall’essere una dittatura o anche solo una democrazia “guidata”.

Certo la Cina è più in linea con il modello autoritario, ma ad onor del vero sarebbe difficile sostenere che essa sia mai stata, anche solo parzialmente, liberal-democratica.

Ma forse Putin cerca in questo modo di indebolire, o almeno di distrarre i suoi maggiori rivali, e per questo è interessato a capire quanto in là potrebbe eventualmente spingersi e quali sponde potrebbe tentare di sfruttare, a quali condizioni e a quale prezzo.

Per cui potrebbe essere venuto a svolgere una sua missione informativa, in un paese in pieno mutamento politico, per cercare di capire quanto tale mutamento sia profondo e se possa in qualche modo essere sfruttato, ove se ne profilasse l’occasione o la necessità.

Una visita interlocutoria dunque, che probabilmente ha consegnato a Putin impressioni e risposte altrettanto interlocutorie, perché l’Italia, anche quella del governo Conte-Salvini-Di Maio, non ha alcuna intenzione di lasciare, o anche solo indebolire la NATO, né sembra orientata a sfidare il consenso europeo sulle sanzioni.

L’Italia è certamente interessata a sviluppare buoni rapporti con la Russia, non solo economici, ma anche politici, ove la Russia si mostrasse disponibile e dare una mano concreta in Libia per contenere Haftar e i suoi sponsor arabi, dal Golfo all’Egitto. Ma in realtà, almeno sinora, la Russia sembra voler mantenere un atteggiamento meno impegnativo, aperto a molte diverse soluzioni, e quindi anche poco utile per il nostro paese. Al meglio potrebbe restare neutrale.

Putin non sembra intenzionato per ora a fare grandi regali all’Italia, forse anche perché non sa ancora bene cosa chiedere in cambio.

Un incontro cordiale dunque, per annusarsi reciprocamente. Una premessa forse, per scelte che devono ancora venire.


* Contributo pubblicato su Huffington Post nel Luglio del 2019. Qui riportato integralmente su gentile concessione dell’autore.