Evoluzione della Tecnologia Spaziale e delle Relative Politiche
di Paolo Ricci
1 Richiami storici
Pochi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, alcuni giornali per ragazzi
cominciarono a pubblicare articoli sulle stazioni spaziali del futuro. In effetti, i ragazzi non lo
sapevano, ma era cominciata la Guerra Fredda tra i due blocchi che si fronteggiavano per
ottenere il predominio mondiale. Questo aveva comportato, infatti, l’inizio dello sviluppo e
dispiegamento di potenti armamenti nucleari e di mezzi missilistici intercontinentali. Peraltro
la capacità di sferrare il primo colpo sarebbe stata enormemente migliorata, appunto, per quel
blocco che fosse stato in grado di mettere in orbita una stazione spaziale equipaggiata di
armamenti nucleari e capace di portare uomini a bordo.
Così, dopo solo 12 anni dalla fine della guerra, l’ex Unione Sovietica riusciva a mettere in
orbita un primo satellite dimostrativo della capacità tecnologica sviluppata. Anche gli Stati
Uniti l’anno successivo misero in orbita il loro primo satellite, pur sempre dimostrativo di non
essere da meno. In ogni caso l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, partendo dalle conoscenze ed
esperienze sviluppate dagli ingegneri militari tedeschi, hanno realizzato tecnologie spaziali di
caratteristiche profondamente diverse. Da parte sovietica, infatti, è stata data la priorità ai voli
umani ed allo sviluppo di stazioni spaziali, oltre che di moduli per il relativo rifornimento di
uomini e materiali. La tecnologia missilistica sovietica teneva conto, peraltro, della latitudine
delle proprie stazioni di lancio, poco adatte per raggiungere orbite geostazionarie, e si basava
su propulsori ad idrocarburi, più economici di quelli statunitensi. Inoltre la tecnologia dei
satelliti e della relativa avionica non differiva molto da quella aeronautica. Gli Stati Uniti
realizzarono, invece, tecnologie spaziali di altissima sofisticazione tecnologica, sia per quanto
riguarda i missili che i satelliti. Il risultato fu che l’Unione Sovietica arrivò per prima a
realizzare le stazioni spaziali ed i mezzi di relativo rifornimento, anche se,
contemporaneamente, gli Stati Uniti riuscirono a mandare i propri uomini sulla Luna, tanto
che, dopo la messa fuori servizio dello Space Shuttle, attualmente l’unico mezzo per
trasportare astronauti da e per la Stazione Spaziale Internazionale è costituito solo dai vecchi
mezzi russi. L’Italia, per iniziativa del prof. Luigi Broglio fu la terza nazione ad entrare nel
settore spaziale, lanciando il proprio primo satellite San Marco nel 1964 e realizzando una sua
base di lancio equatoriale, cosicché avrebbe potuto diventare la nazione europea leader del
settore cooperando strettamente con gli Stati Uniti.
La tecnologia spaziale permise comunque ai due blocchi di realizzare satelliti spia, satelliti di
comunicazione civile e militare, satelliti per la guida di armi (GPS e GLONASS). In proposito va
anche notato che l’Unione Sovietica aveva fortemente ottimizzato la massa dei satelliti
mediante l’uso di propulsori ad elevatissimo impulso specifico (propulsori elettrici ad effetto
Hall).
Peraltro il successo sovietico costrinse gli Stati Uniti a riprendere lo sviluppo del citato Space
Shuttle (costosissimo a livello di ciclo di vita), capace di portare in orbita 10 tonnellate di
armamenti nucleari, per poi utilizzarlo allo scopo di realizzare e rifornire la Stazione Spaziale
Internazionale, la cui messa in orbita è iniziata circa dieci anni dopo la caduta del muro di
Berlino. Pochi anni dopo, la Russia decise di far precipitare il suo ultimo modello di stazione
spaziale MIR.
La ragione maggiore della crisi dell’Unione Sovietica è stata di natura economica, in quanto il
regime comunista, non potendo contare sull’iniziativa privata, raggiungeva livelli di efficienza produttiva bassissimi e doveva subire sprechi enormi, risultando fortemente indebitata verso
paesi esteri per necessarie importazioni vitali. Così, quando Ronald Reagan annunciò la
“Strategic Defense Initiative”, cioè un programma di difesa spaziale antimissile di costo
valutabile in almeno mille miliardi di dollari, il Cremlino ritenne che non avrebbe potuto
rispondere adeguatamente a tale progetto, che, in ogni caso, avrebbe tolto all’URSS il
vantaggio di poter sferrare il primo colpo nucleare (anche se la fattibilità del progetto SDI
appariva dubbia, almeno nel medio termine).
In altri termini, la storia dello Spazio, come riportato nel relativo museo di Washington a
commento dell’esposta unità di V2, comincia appunto da tale armamento tedesco usato contro
l’Inghilterra e si sviluppa per tutto il periodo della Guerra Fredda come una tecnologia
militare fondamentale.
Subito dopo URSS ed USA l’Italia entra nella tecnologia spaziale con il satellite San Marco e,
successivamente, con la propria piattaforma di lancio dal mare nei pressi di Mombasa
Nel 1964 il prof. Broglio presenta il progetto di piattaforma di lancio dal mare allo Stato Maggiore
dell’Aeronautica – accanto il Sea Launcher realizzato dalla Boeing nel 1999 (per il lanciatore russo Zenith).
2 Le applicazioni Militari successive alla Guerra Fredda
Il 1991 vide un primo evento bellico, che presumibilmente non si sarebbe potuto verificare se
l’Unione Sovietica non fosse stata in fase di disgregazione. Infatti, l’Irak di Saddam Hussein
era sempre stato considerato dal mondo occidentale come un presidio contro l’Iran (che da
nazione amica era diventata una nazione ostile al mondo occidentale). Pertanto l’Irak decise
di invadere il Kuwait, ritenendo di avere, da una parte, una posizione di partner degli Stati
Uniti nel Medio Oriente e dall’altra di godere l’amicizia Sovietica da cui riceveva importante
supporto militare, inclusa la fornitura di informazioni riservate e l’assistenza da parte di
esperti militari.
La disgregazione dell’Unione Sovietica non permise, però, all’Irak di averne la protezione.
Quindi gli Stati Uniti si accordarono con l’Arabia Saudita di intervenire contro l’Irak stesso,
purché l’Arabia Saudita stessa pagasse le spese di guerra.
Gli Stati Uniti quindi dispiegarono le proprie forze in Arabia Saudita ed ottennero anche
l’intervento delle Nazioni Alleate. Tuttavia la Guerra fu utile per dimostrare la inapplicabilità
degli armamenti e delle infrastrutture sviluppate per una guerra nucleare, ai fini di una guerra
convenzionale.
Infatti, una vasta operazione distruttiva iniziale, basata sui dati di intelligence spaziale ottica,
infrarossa, radar ed elettromagnetica statunitense, colpì simulacri di armamenti costruiti in
base ad istruzioni dei consiglieri sovietici, anziché armamenti reali.
I satelliti americani, che avrebbero dovuto rilevare il lancio di missili intercontinentali
sovietici, si rivelarono incapaci di rilevare il lancio di missili sovietici di medio raggio SCUD e
SCUD potenziati.
Il punto di lancio degli SCUD risultò inoltre indefinibile, perché mobile: l’unico elemento che
faceva ritenere prossimo il lancio di un missile era costituito dalla ricezione dei dati del
pallone sonda, per la determinazione della velocità del vento in quota, usato per
programmare le correzioni della traiettoria del missile prima di lanciarlo.
I sistemi di comunicazione delle varie armi si rivelarono non interoperabili, per modo che le
comunicazioni subivano ritardi enormi, passando più volte via satellite, per stabilire un
coordinamento adeguato tra i vari corpi operanti sul Teatro.
La capacità di traffico dei satelliti militari, dimensionati per trasmettere brevi messaggi (ad
esempio l’allarme di “retaliation” nucleare ai i bombardieri B 52 sempre in volo), risultò
insufficiente per supportare il traffico richiesto dall’operazione di sistemi militari complessi,
tanto che per l’invio di informazioni di grandi dimensioni (es. manuali tecnici) venivano usati
satelliti postini in bassa orbita che ricevevano i files dal mittente e, dopo qualche orbita, (cioè
varie ore), passando sulla zona di operazioni, li scaricavano verso il destinatario.
I concetti di distribuzione delle informazioni risultarono inefficaci, tanto che le informazioni
stesse spesso non raggiungevano in tempo le piattaforme militari alleate minacciate, cioè
prima che queste ultime fossero colpite.
Il responsabile del C4I del Pentagono, dopo la fine del conflitto, mi confidò che, nel caso di
jamming iracheno, le FFAA USA avrebbero subito pesanti effetti di fuoco amico.
Peraltro la misura anti-jamming di guida dei missili cruise, basata sulla correlazione delle
mappe del tracciato, con l’immagine del terreno sorvolato, portava (per la elevata complessità
e quindi probabilità di errore del sistema) alla necessità costosa di impegnare una pluralità di
missili contro un singolo bersaglio (usando invece il GPS, più affidabile, sarebbe bastato un
solo missile collegato via satellite con il comando, per trasmettere il feedback di conferma
della traiettoria e di obiettivo colpito).
Così la guerra Irachena del ’91 segnò una profonda trasformazione dei concetti militari
portando al livello di massima priorità le comunicazioni ubique per “fornire la corretta
informazione, nel corretto momento, al corretto utente”. Ciò ha portato alla applicazione di
tecnologie internet all’uso militare. In questo modo, in un ambiente network centrico, le informazioni risultano disponibili, fin dalla fase di dati rozzi, a tutti gli utenti che ne siano
operativamente interessati (concetto di “post before processing”).
Ciò ha comportato la realizzazione di nuovi satelliti per comunicazioni militari a larga banda
(WGS) ed alla realizzazione di comunicazioni cellulari via satellite in banda UHF (MUOS).
La Difesa antimissile fu completamente rivista mediante i satelliti a raggi infrarossi in orbita
media ed alta, insieme al dispiegamento di sistemi di difesa antimissile regionali.
I missili cruise sono oggi equipaggiati di ricevitore GPS e comunicazioni via satellite in banda
UHF (però vulnerabili da jammers, disponibili anche per l’esportazione da parte russa; rif.
proteste di Washigton contro Mosca nel corso dell’ultima guerra del Golfo).
Gli UAV sono equipaggiati di armamento missilistico, oltre che di sensori, e sono pilotati da
grande distanza mediante comunicazioni via satellite.
Un particolare aspetto del concetto di guerra network centrica prevede il collegamento
diretto tra sensore ed armi, per modo che i satelliti militari a larga banda sono equipaggiati
con multiplexer che ricevono dati dai vari sensori e li rendono disponibili alle armi. In questo
modo una piattaforma non deve contare solo sui propri sensori, ma dispone anche delle
informazioni di sensori fissi e mobili di altre piattaforme, in modo da rendere maggiormente
precise le operazioni. Peraltro tale approccio riduce fortemente anche le probabilità di eventi di fuoco amico.
3 Il mercato commerciale
Subito dopo i primi tentativi spaziali, furono sviluppate varie tecnologie, quali satelliti di
grandissime dimensioni recuperabili, capaci di riprendere foto da orbite molto basse e di
cambiare orbita per evitare la determinazione del momento di passaggio sugli obiettivi;
tecniche per il recupero dei contenitori delle foto lanciate a terra dal satellite, mediante aerei
opportunamente equipaggiati; tecnologie dei ripetitori per comunicazioni via satellite, ecc. In
seguito, fu anche possibile realizzare sistemi di trasmissione elettronica delle immagini a
terra.
Tali sviluppi, realizzati per scopi militari e di intelligence, risultarono utilizzabili per usi
commerciali. Infatti, all’inizio dell’era spaziale, le comunicazioni intercontinentali erano
realizzate mediante cavi sottomarini, capaci di poche migliaia di canali contemporanei, tanto
che furono addirittura sviluppate varie complesse tecniche per riuscire ad aumentarne tale
capacità (ad esempio gli interpolatori vocali che riutilizzavano il canale per un altro utente,
appena l’utente stesso restasse muto). I primi satelliti erano anch’essi di piccola capacità, tuttavia si rivelarono, subito, economicamente più convenienti del cavo sottomarino trans-
oceanico. Per i collegamenti internazionali via satellite fu creato un consorzio tra i governi di tutto il mondo: l’INTELSAT. I satelliti di comunicazione subirono quindi una veloce crescita in
termini di capacità e quindi di massa, fino al momento in cui furono posati i cavi sottomarini
in fibra ottica. Tuttavia contemporaneamente si erano affermati i satelliti regionali. Inoltre i
satelliti per traffico intercontinentale dovettero essere mantenuti, per fare da scorta ai sistemi
in fibra ottica. I satelliti divennero pertanto sempre di più utilizzati per diffusione televisiva e
per servire le aree di minore densità di popolazione. Oggi l’INTELSAT è una società
privatizzata. Inoltre all’inizio degli anni ’80, fu lanciata l’applicazione dei satelliti per
comunicazione per affari mediante terminali di basso costo.
L’altra applicazione molto importante riguarda le comunicazioni mobili per navi, aerei e
mezzi terrestri, in aree non servite e/o non servibili da altri sistemi di comunicazione mobile
terrestre, con la costituzione dell’INMARSAT, oggi anch’essa privata.
I sistemi di intelligence dettero vita, a livello civile, a sistemi di telerilevamento tematico e di
alta definizione, in modo da monitorare vari aspetti ambientali quali inquinamento,
caratteristiche delle culture, mappe geografiche aggiornate, situazione degli edifici e delle
costruzioni abusive, condizioni del mare ecc. Tuttavia il mercato dei satelliti di
telerilevamento è stato sempre soggetto a notevoli limitazioni ai fini della relativa
esportazione, data la capacità di rilevare informazioni sensibili ed applicabili ad azioni
belliche o terroristiche. In ogni caso il mercato dei satelliti di comunicazione è sempre stato, di
gran lunga, la maggior parte del mercato spaziale civile.
Oggi il mercato spaziale civile è fondamentalmente costituito da sistemi per servizi a larga
banda, inclusa la televisione ed i servizi internet, per aree di bassa densità di popolazione,
dove altri sistemi sarebbero antieconomici, ovvero per aree dove le comunicazioni terrestri
non sono in grado di fornire tali servizi. Ad esempio, negli Stati Uniti a metà degli anni 2000, il
19% della popolazione non aveva servizi a larga banda. Tale problema è stato risolto negli
anni successivi, mediante sistemi di comunicazione a larga banda via satellite, di altissima
capacità di traffico (un satellite VIASAT, messo in orbita allo scopo, ha capacità di traffico
maggiore della somma di tutti i satelliti a quel momento in servizio sugli Stati Uniti).
L’INMARSAT peraltro ha dovuto, recentemente, aggiungere ai satelliti per comunicazioni
mobili in banda L, anche satelliti (Global Express) per servizio mobile in banda Ka (20/30
GHz) per far fronte alla crescente richiesta mondiale di servizi mobili a larga banda.
4 Le tendenze della tecnologia spaziale
Come sopra riportato, anche se il mercato spaziale civile ha una consistenza importante,
quello militare è il settore fondamentale. Infatti, secondo la dottrina statunitense, la
tecnologia spaziale fornisce una capacità dissuasiva del tutto equivalente a quella nucleare.
Infatti, ricordo un breve scambio di battute tra il responsabile del reparto Telecomunicazioni
ed Informatica dello Stato Maggiore Difesa Italiano ed una commissione, costituita da un
ammiraglio inglese ed uno francese, in merito alla proposta di Francia ed Inghilterra per cui
l’Italia contribuisse al finanziamento per un progetto militare franco-tedesco-inglese, in
sostituzione dello sviluppo di un satellite militare italiano. L’argomento principe è stato,
appunto, che non fosse ragionevole per una nazione come l’Italia, (cioè senza capacità
nucleare), realizzare un proprio satellite milsatcom di elevate capacità operative, come il
SICRAL.
Chiaramente queste affermazioni sono state una facilitazione per la realizzazione del
programma SICRAL, poi adottato anche dalla NATO ed arrivato oggi alla terza generazione.
A questo proposito si deve considerare lo scenario mondiale del mercato e della tecnologia
spaziale. (Da notare che da parte statunitense mi era stata sempre mostrato un certo
scetticismo sull’effettivo finanziamento nazionale del progetto in quanto non sembrava in
linea con i correnti piani di investimento del Ministero della Difesa: “are you sure? It would be
a big step”; tuttavia il progetto è stato sempre appoggiato dal DoD che si è preoccupato molto
dell’aspetto di interoperabilità con i propri sistemi milsatcom).
In primo luogo si deve riflettere sul fatto che la fine della Guerra Fredda ha portato gli Stati
Uniti ad impossessarsi dei maggiori lanciatori russi Proton e Zenith. Il Proton viene lanciato
da Baikonur da una società russo-americana di cui è leader la Lockheed Martin, mentre il
missile Zenith viene usato dalla Boeing per lanci da una piattaforma navale mobile (Sea
Launcher). Peraltro non va dimenticato, come già detto, che il solo modo per inviare
astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale, dopo la fine del servizio Space Shuttle, è
quello di usare il lanciatore russo, a suo tempo sviluppato per rifornire le stazioni spaziali
sovietiche. L’Europa, in base alla definizione del piano di politica spaziale francese, è riuscita a realizzare a Kourou, in aggiunta alla base di lancio di Ariane, quella destinata al lanciatore russo Soyuz, che copre le capacità di lancio del dismesso Ariane 4.
L’Italia è riuscità a realizzare un piccolo lanciatore (VEGA) solo con il patto di fornirlo ad
Arianespace per essere lanciato dalla base di Kourou e di svilupparlo nell’ambito di un
programma europeo (terza base di lancio).
Ciò detto, si deve considerare che, ovviamente, il costo delle tecnologie spaziali andrebbe
commisurato con gli obiettivi delle varie nazioni che sviluppano tali tecnologie.
Infatti, persino gli Stati Uniti nella Guida della Tecnologia Spaziale nella visione 2010 – 2020,
scritta su richiesta del Congresso, hanno posto l’accento sulla necessità, appunto, di ridurre la
spesa per gli investimenti spaziali. Tale guida prevedeva varie direttrici tra cui: la
privatizzazione dei sistemi di lancio, la manutenzione dei satelliti in orbita, lo sviluppo di
sciami e costellazioni di satelliti, i microsatelliti, i sistemi di controllo degli sciami e delle
costellazioni. Inoltre lo spazio è ivi definito come una dimensione delle attività militari, da
usare anche per azioni offensive e di negazione del relativo accesso.
Altre considerazioni tecnologiche hanno portato alla direttiva del DoD che presceglie l’uso di
standard commerciali agli standard militari, fino a quel momento obbligatori. Infatti, un primo
esempio di tale tendenza può essere proprio quella citata dell’uso di tecnologie Internet per la
realizzazione di operazioni militari basate sulla rete.
In altri termini le tecnologie spaziale e militare da fonte di spin-off sulle tecnologie civili
stanno diventando, per quanto possibile, uno spin-in dalle stesse tecnologie civili.
Negli ultimi anni si possono citare i seguenti fatti:
– Realizzazione di sistemi di lancio privati (Space X, Virgin Galactic, Orbital Science )
– Realizzazione di vari satelliti dimostrativi per successivo uso tattico
– Realizzazione di dispenser per cubesat
– Sviluppo del mercato dei cubesat, usati per fini didattici e di ricerca scientifica o
tecnologica, (anche da parte di accademie e centri di ricerca militari)
– Uso della stazione spaziale e dei lanci di relativo rifornimento, per mettere in orbita
cubesats
– Successo dello spin off dell’Università del Surrey (SSTL) nella esportazione di satelliti
usanti componenti commerciali e/o dei relativi servizi su scala mondiale (anche alla
Cina). Si deve anche citare addirittura l’acquisizione di contratti dall’Agenzia Spaziale
Europea in competizione con le due maggiori aziende spaziali europee.
– Introduzione di satelliti a propulsione completamente elettrica (Boeing Full electric
satellite): in questo modo si riduce del 50% la massa del satellite al prezzo di un tempo
lungo (molti mesi) per raggiungere la posizione orbitale voluta.
– Sviluppo della tecnologia di manutenzione robotica in orbita (usando anche la stazione
spaziale internazionale)
– Uso di stadi russi da parte di costruttori privati americani.
– Interesse delle grandi e delle piccole aziende per il mercato dei micro e nano-satelliti.
In particolare va citato l’interesse di grandi aziende operanti in Internet (Google, Apple,
Facebook) per la creazione di costellazioni di centinaia di satelliti in bassa orbita, allo scopo di
rendere diffuso su tutto il mondo l’accesso ai servizi internet, indipendentemente dalla
disponibilità o meno di sistemi terrestri idonei. D’altronde la O3B ha già messo in orbita, con il
contributo di 1,3 miliardi di dollari da parte di Google, una costellazione di 12 satelliti su
orbita equatoriale ad 8000 Km di altezza, proprio a tale scopo (restano comunque scoperte le
zone di elevata latitudine).
Va anche citato il progetto dell’Esercito USA, relativo alla realizzazione di un satellite avente
massa secca di 20 Kg e con serbatoi capaci di contenere almeno 80 Kg di propellente, in grado
di riprendere immagini per uso tattico con risoluzione di 75 cm, scendendo fino a 160 Km di
altezza. Tale satellite usa avionica cubesat ed è progettato per essere equipaggiato con un piccolo telescopio Kodak. Lo scopo di tale satellite, secondo il concetto di “Operationally
Responsive Space”, è quello di essere al servizio di singoli reparti dispiegati in operazione,
tanto da essere direttamente controllato da essi. Pertanto una tale tipologia di satelliti, messi
su orbite scelte in funzione dei requisiti operativi del momento, prevede la costruzione di un
grande numero di unità a basso costo per missioni di breve durata. (Infatti la citata guida della
tecnologia spaziale prevedeva una generazione di microsatelliti molto numerosa, in un
processo analogo a quello che aveva portato l’umanità dall’era degli Host Computers
centralizzati ai PC).
La disponibilità di componenti capaci di altissime velocità elaborative in volumi
estremamente ristretti, la possibilità di uso di COTS, anziché di componenti spaziali Hi Rel, la
riduzione dei costi di produzione, ecc. si infrangono, tuttavia, con la mancanza di sistemi di
lancio a basso costo e di breve tempo di prenotazione, ai fini di una rivoluzione copernicana
della tecnologia spaziale.
Pertanto la priorità della tecnologia spaziale è oggi proprio quella dei sistemi di lancio a basso
costo.
Una soluzione molto interessante, ad esempio, è quello della Virgin Galactic, che usa un aereo,
a due cellule separate (come le superfortezze volanti americane usate nel corso della seconda
guerra mondiale). Così al centro, tra le due cellule, può essere montato il lanciatore da
sganciare ad alta quota. Questa soluzione era stata studiata ai fini di turismo spaziale, ma
potrebbe essere anche adatta, appunto, per mettere in orbita piccoli satelliti. Purtroppo un
primo lancio di prova è fallito con perdite umane.
Non va dimenticato che l’Unione sovietica, a suo tempo, aveva una cadenza di lanci quasi
giornaliera e che un sintomo della relativa crisi è stata proprio la riduzione della frequenza
dei lanci.
In definitiva si può dire che oggi la tecnologia spaziale si trova davanti ad un punto di svolta
che potrà essere realizzato solo quando il costo del lancio diminuirà per un ordine di
grandezza, come è l’obiettivo dichiarato di Space X.
Se questo avvenisse, non si potrà pensare, tuttavia, ad una generalizzata diffusione di capacità
di accesso allo Spazio, in quanto la tecnologia missilistica e spaziale, come già detto, ha una
valenza militare equivalente e complementare a quella degli armamenti nucleari. Quello che
potrà avvenire è la disponibilità di nuove tecnologie di accesso allo Spazio da parte di nazioni
capaci di sviluppare altissime tecnologie avanzate, fra cui si debbono annoverare anche la
Cina e l’India.
5 La politica spaziale nel mondo
Come si può notare da quanto sopra, la politica spaziale è basata su concetti strategici e
finalità militari delle varie nazioni. Ad esempio, il GPS è un sistema militare per ottenere una
supremazia nella capacità di controllo di armi di precisione, ma ha anche un volume di affari
civile, molte volte maggiore di quello militare. Così il sistema è gestito da un comitato in cui
sono rappresentate agenzie militari e civili, il cui mandato è di coordinare l’uso del sistema
comunque preservandone lo scopo strategico per cui è stato progettato.
Al GPS fa riscontro il sistema Galileo che la Francia ha fortemente voluto come sistema civile
usabile anche da parte di enti governativi ed anche da parte militare.
In ogni caso è stato evidente il tentativo francese di essere il leader del progetto, ed in
particolare di gestire la parte governativa del servizio.
Così la politica dei lanciatori europei ha visto la volontà francese di realizzare tale capacità
come leader, con il contributo europeo, così come di realizzare la base di lancio europea nel
territorio equatoriale della Guaiana francese.
Anche le due grandi aziende spaziali europee sono oggi a leadership francese. Tuttavia l’approccio burocratico creato in ambito spaziale europeo non incoraggia, ma
soffoca, di fatto, lo sviluppo di iniziative spaziali private. Inoltre lo sviluppo di tecnologie
spaziali è attuato con metodologie assistenziali di distribuzione di fondi a pioggia, che
difficilmente potrà portare ad una supremazia tecnologica europea.
E’ facile capire, quindi, la decisione della Thatcher, nel momento in cui doveva risanare il
bilancio inglese, di chiudere tutte le collaborazioni spaziali con enti europei. D’altra parte
l’Inghilterra aveva partecipato al primo sviluppo di un lanciatore europeo, fornendo il primo
stadio (sviluppato come missile balistico di alta capacità, dopo la seconda guerra mondiale e
perfettamente messo a punto), per poi uscire dall’organizzazione appena recuperato il costo
di sviluppo di tale missile.
Non è invece facile capire la politica italiana, che, di fatto, in retrospettiva, ha visto lo spazio
come un investimento per creare posti di lavoro. Inoltre è misterioso il ragionamento politico
che ha portato alla vendita di Alenia Spazio all’Alcatel (società che aveva già acquistato e
distrutto la Telettra). Infatti l’Alenia Spazio sopravvive oggi, come Thales Alenia Space Italia,
solo in base ai finanziamenti del Governo Italiano ed è stata privata della capacità di proprie
attività esportative autonome. Peraltro, a parte la spesa sostenuta, l’Alenia Spazio aveva
dimostrato di aver sviluppato tecnologie avanzate interessanti anche gli Stati Uniti, oltre che
la Corea del Sud.
La Germania ha peraltro messo a punto e continuamente aggiornato, come altre nazioni
europee, tecnologie spaziali di alto livello, per poter avere una propria capacità tecnologica e
di poter esportare prodotti spaziali.
Le altre nazioni europee realizzano programmi spaziali fondamentalmente in base alla
partecipazione a programmi spaziali dell’Agenzia Spaziale Europea.
L’India e la Cina hanno intrapreso un notevole sviluppo di programmi spaziali ed hanno
affermato la loro capacità con la creazione di programmi di esplorazione spaziale.
Si deve però notare che l’India è tributaria di tecnologie russe, mentre la Cina sta tentando sia
sviluppi tecnologici nei vari campi applicativi di telecomunicazioni, telerilevamento e di
navigazione, tanto da aver iniziato la fase di esportazione di satelliti per telecomunicazione e
lo sviluppo di un proprio sistema di navigazione analogo al GPS.
Tra le nazioni che hanno iniziato a sviluppare tecnologie spaziali, è interessante l’approccio
seguito dalla Corea del Sud che ha iniziato tale sviluppo negli anni ’90 ed è riuscita a realizzare
un primo prototipo di lanciatore mettendo in orbita un piccolo satellite nel 2013 ( utilizzando,
però, un primo stadio russo). Nel campo dei satelliti ha realizzato il primo microsatellite
(KITSAT) in base ad un contratto con la SSTL. Successivamente ha iniziato lo sviluppo di un
satellite di osservazione collaborando con la TRW (oggi Northrop Grumman). In seguito ha
realizzato un satellite di osservazione ottica ad alta risoluzione, ampliando la piattaforma
citata, con il concorso di Astrium, per alloggiarvi un sensore israeliano. In seguito ha
collaborato con l’italiana Alenia Spazio per sviluppare il payload militare montato su Koreasat
5 e per integrare sulla propria piattaforma un payload radar ad apertura sintetica.
Si nota in proposito la necessità, per quanti intendano entrare nella tecnologia spaziale, di
trovare partner tecnologici disposti a collaborare in tale impresa.
Peraltro si deve anche riconoscere alla Corea del Sud il merito di aver saputo realizzare gli
sviluppi spaziali predisponendo un piano di lungo periodo, basato su scelte pragmatiche che
hanno anche portato ad una spesa molto contenuta e ben controllata.
Va tenuto presente, poi, che alcune tecnologie spaziali sono possedute da poche nazioni e da
poche aziende. Ad esempio i piani focali per telescopi spaziali sono prodotti in Francia ed in
Canada, oltre che in Israele. Pertanto oggi è piuttosto semplice il controllo delle esportazioni
ed il controllo della capacità di realizzazione di sistemi di informazione ottica ed infrarossa da
parte delle altre nazioni (rif contratto SSTL per la fornitura di servizi di telerilevamento
spaziale alla Cina e conseguente trattativa con gli Stati Uniti).
6 L’aspetto scientifico
Una ricaduta importante dello sviluppo di tecnologie spaziali è quello di permettere la
realizzazione di importanti studi scientifici come l’esplorazione di pianeti, di comete ed
asteroidi, l’esplorazione robotica del suolo di tali pianeti, la messa in orbita di importanti
telescopi astronomici, la rilevazione di emissioni provenienti dallo spazio, la mappatura del
rumore di fondo dell’universo come residuo fossile del big bang (2,73 °K circa ma variabile in
funzione della direzione di provenienza) mediante un satellite posto nel punto di Lagrange
dietro la Luna ecc. Tale capacità derivata è molto importante da punto di vista scientifico e
comporta una spesa che inevitabilmente va fatta, appunto, per riuscire a comprendere la
costituzione del sistema solare e dell’universo intero. Non per caso una attività molto
importante rimane in piedi in Italia, presso lo stabilimento di Thales Alenia Space Italia di
Torino, che si è sempre dedicato alle attività spaziali di natura scientifica, oltre che al
ricchissimo impegno nei nodi e moduli della Stazione Spaziale Internazionale.
7 Conclusione
La tecnologia spaziale ha una fondamentale dimensione di natura militare, fornendo una
capacità di supremazia sulle altre nazioni. Tuttavia tale aspetto comporta un impegno
notevole di investimenti tecnologici.
La tecnologia spaziale occidentale è basata su standard molto costosi, in funzione del costo
attuale di accesso allo spazio. Il futuro delle capacità spaziali dovrà basarsi quindi sulla
riduzione del costo complessivo dei sistemi spaziali.
Tuttavia non si può ritenere ragionevolmente possibile una vasta proliferazione della
tecnologia spaziale per gli aspetti di sicurezza che ne conseguirebbero.
Le nazioni che non hanno attuato e non attuano una adeguata politica spaziale corrono oggi il
rischio di dover restare a rimorchio di altre nazioni capaci di maggiori visioni strategiche.
Infatti, per lo Spazio si crea una situazione politica analoga a quella relativa alla tecnologia
nucleare.
Così anche la ricerca scientifica sarà appannaggio di nazioni con la migliore capacità di
accesso allo spazio, con ruoli gregari di altre nazioni chiamate a contribuirvi.
Per quanto riguarda il mercato dei satelliti, tuttavia, in caso di riduzione dei costi di lancio, il
mercato dei satelliti commerciali potrebbe subire una trasformazione importante, cambiando
anche la tipologia produttiva che, da un approccio di tipo “artigianale di altissimo livello”,
potrebbe divenire una produzione professionale di piccola serie.
Di qui nasce anche la necessità di una riflessione sulla politica spaziale europea dominata
dalla Francia e di una corrispondente di eventuale politica spaziale nazionale autonoma, a
valle della dismissione incondizionata e incomprensibile di un patrimonio di conoscenze
costato diecine di miliardi di euro a partire dagli anni ’60 (in cui l’Italia aveva avuto la
possibilità di essere un leader nella capacità missilistica e spaziale).
Un corretto utilizzo degli stanziamenti annuali per le attività spaziali dovrebbe, infatti, essere
basato su tale riflessione, in modo da produrre un piano spaziale basato su di una visione
politico/strategica di lungo termine, anche se tale riflessione potrebbe addirittura portare a
decisioni simili a quelle prese dal Regno Unito.