Coronavirus come complotto cinese
Quasi venti anni fa l’attacco alle Torri Gemelle evidenziò chiaramente quanto fosse difficile per gli Stati Uniti confrontarsi con l’idea che anche il loro paese fosse vulnerabile, a dispetto del suo invidiabile isolamento geografico e della sua ineguagliata potenza militare.
Ancora più difficile è stato poi di recente per tutti gli americani accettare il fatto che anche di fronte alla pandemia del coronavirus essi si trovassero indifesi, senza che il loro Governo fosse in condizione di provvedere a forme di protezione che potessero contenere il flagello più efficacemente di quanto non sia avvenuto.
Si tratta di una reazione almeno in parte motivata dal fatto che gli Stati Uniti non avevano mai dovuto affrontare flagelli provenienti dall’esterno. Anche il caso più simile a questa ultima pandemia, l’epidemia di spagnola del secolo scorso, aveva infatti avuto origine negli USA ed era da lì che era partita per devastare il mondo.
Tutte le guerre del secolo scorso si erano poi combattute in ben distanti teatri operativi, contribuendo a formare nella cittadinanza l’idea che fossero sempre gli USA che decidevano di andare altrove a combattere il male, mai il male che veniva a cercarli a casa propria.
Si può quindi ben capire come in condizioni del genere in molte delle maggiori Chiese operanti negli USA fosse nata ed avesse prosperato l’idea che gli Stati Uniti fossero un paese immune da questi pericoli anche perché Dio aveva certamente una missione particolare da assegnare loro. Non si sarebbe capito altrimenti perché Egli li avesse a tal punto riempiti dei suoi doni e protetti sino a questo momento da tutti i pericoli che insidiano invece ogni altro Paese del mondo.
Il coronavirus , una pestilenza di cui è difficile se non impossibile – a meno che non si sia persa la lucidità di ragionamento o si persegua un determinato disegno – attribuire la responsabilità ad un intervento umano, infrange ora queste certezze, esaltando probabilmente nel contempo il sentimento di vulnerabilità americano.
Se vogliamo fare un confronto ricordiamoci quanto esso apparve forte, e per taluni aspetti addirittura esagerato, a noi europei ai tempi di quell’attacco dell’11 settembre 2001 che fece a New York circa 2000 morti ( Per rendere efficace il paragone segnaliamo come ora nella medesima città i morti della pandemia siano già stati più di 10mila , cioè cinque volte tanto .Ed il trend è ancora in crescita ).
In queste condizioni appare altamente probabile che a breve scadenza possa nascere nella coscienza collettiva l’idea che il flagello non sia stato originato da un incidente della natura o dalla volontà divina, ma sia invece dovuto ad un intervento umano.
In realtà a ben guardare ciò sta già avvenendo.
Sin dall’inizio infatti voci isolate attribuivano il coronavirus alla disattenzione di un laboratorio militare cinese che a Wuhan si sarebbe lasciato sfuggire il virus mortale. Un atto involontario, quindi, ma che comunque attribuiva un ben precisa responsabilità, anzi due, vale a dire da un lato quella di lavorare alla creazione di armi proibite, dall’altro poi quella di non risultare capace di custodirle in piena sicurezza, alla Cina, da tempo il competitore più accreditato degli Stati Uniti nella corsa per il primato nel mondo. La scorsa settimana poi è stato compiuto un secondo passo avanti ed ora alcuni commentatori iniziano a parlare di un piano ben articolato e diretto a far prevalere in breve tempo la Cina nell’arena delle Nazioni, sconvolgendo la vita di tutti gli altri paesi del mondo e mettendo in ginocchio le loro economie.
Secondo tale versione i cinesi, con una crudeltà degna del grandguignolesco Fu Manchu di altri tempi, avrebbero coinvolto sin dall’inizio anche 60 milioni di loro concittadini per dare all’operazione una parvenza di universalità destinata a scagionarli completamente agli occhi della opinione pubblica mondiale.
Ciò nonostante il fatto che disponessero sin dall’inizio di un adeguato vaccino come dimostrerebbero, secondo i fautori di questa teoria, tanto il modo in cui Pechino e Shangai sono state risparmiate dal flagello quanto l’abitudine di Xi Jin Ping di aggirarsi nei luoghi più colpiti con una protezione minima, ben diversa dalla tenuta quasi da palombaro con cui si muovono invece nelle medesime circostanze tutti gli uomini di potere di altre parti del mondo.
Come già detto in precedenza si tratta fino a questo momento di voci abbastanza isolate, cui non viene per il momento dato molto credito.
Siamo però purtroppo in periodo di elezioni americane e la Costituzione degli Stati Uniti non consente alla macchina elettorale di fermarsi e di essere riprogrammata su tempi diversi per alcun motivo.
Speriamo quindi che in ambito politico nessuno soccomba alla tentazione di riprendere autorevolmente questa tesi, riproponendola alla opinione pubblica magari corredata da quelle autorevoli e certificate menzogne che abbiamo purtroppo dovuto veder utilizzate più volte anche dalle nostre democrazie per cercare di giustificare percorsi pre-bellici. In un caso del genere la concentrazione della attenzione collettiva su un nemico esterno potrebbe forse distogliere l’attenzione degli elettori americani da eventuali manchevolezze dei propri governanti.
Per gli USA, per la Cina e per tutto il resto del mondo il pericolo dello scoppio di un devastante conflitto rischierebbe però di divenire rapidamente fortissimo.